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Riforma della giustizia: l’ok dal governo alla separazione delle carriere

Approvato mercoledì 29 maggio 2024, in sede di Consiglio dei ministri, il disegno di legge costituzionale in materia di ordinamento giurisdizionale che tocca tre punti: l’istituzione di un’Alta corte, la creazione di due Csm e il sorteggio. “Tre rivoluzioni, un ossequio all’indipendenza della magistratura” ha commentato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che al termine della riunione ha illustrato il testo in conferenza stampa, assieme al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.

“La riforma è una sconfitta per la giustizia” è invece la posizione della Giunta Anm, l’Associazione nazionale magistrati a cui aderisce il 96% circa delle toghe italiane.

Il governo italiano chiarisce che “le nuove norme intervengono allo scopo di distinguere, all’interno della magistratura, che costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, la carriera dei magistrati giudicanti e quella dei magistrati requirenti, e di adeguare l’ordinamento costituzionale a tale separazione”.

Secondo quanto previsto dalla riforma, si rende necessaria l’istituzione del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica. Di tali Consigli superiori fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione.

Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previste dalla legge. Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento. I membri designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.

Con le nuove norme, la giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita alla neo-istituita “Alta Corte disciplinare”.

L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.

I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni e l’incarico non può essere rinnovato. L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un consiglio regionale o del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge. L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento. Il testo prevede, infine, che le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare siano adeguate alle nuove disposizioni entro un anno dall’entrata in vigore della legge di riforma costituzionale.

“La logica di fondo del disegno di legge sulla separazione delle carriere e l’istituzione dell’Alta corte si rintraccia in una volontà punitiva nei confronti della magistratura ordinaria – risponde prontamente, in una nota, la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati – responsabile per l’esercizio indipendente delle sue funzioni di controllo di legalità. Gli aspetti allarmanti delle bozze del disegno di legge sono molteplici, leggiamo una riforma ambigua che crea un quadro disarmante. È una riforma che non incide sugli effettivi bisogni della giustizia, ma che esprime la chiara intenzione di attuare un controllo sulla magistratura da parte della politica, che si realizza essenzialmente con lo svilimento del ruolo e della funzione di rappresentanza elettiva dei togati del Csm e con lo svuotamento delle sue essenziali prerogative disciplinari, affidate a una giurisdizione speciale di nuovo conio”.

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