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“Rischio di un collasso sociale”, la fotografia del welfare italiano

Ci troviamo di fronte al “rischio di un collasso sociale che prima o poi esploderà e i cui esiti nessuno è in grado di prevedere”. Questa è, in breve, la fotografia emersa dal 1° Paper del Rapporto 2024 Family (Net)Work “Dove sta andando il welfare? Salute, assistenza e previdenza nelle attese delle famiglie”, realizzato dal Censis per Assindatcolf.

Il report, presentato oggi, 15 febbraio, da Andrea Toma, responsabile dell’area Economia, lavoro e territorio del Censis, e da Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, evidenzia un quadro preoccupante del sistema di welfare italiano.

“Quella scattata dal Censis è l’immagine più efficace della distanza che si sta creando tra la domanda di protezione sociale delle famiglie e il progressivo mutamento del welfare del nostro Paese, che sembra aver smarrito la propria missione, lasciando senza risposta una parte crescente della popolazione”, ha commentato Zini. Di fatto le famiglie si fanno carico di un welfare incompiuto, dove “la gestione del rapporto domestico si è trasformata nel dispositivo di protezione sociale più diffuso”.

La necessità di intervenire sulla spesa pubblica, il progressivo mutamento dei bisogni sociali e l’evoluzione demografica del Paese hanno messo in affanno il sistema, lasciando aperte molte questioni che in breve tempo sono diventate emergenze.

In particolare, se nel 2020 è stato riservato alla spesa sanitaria pubblica il 7,4 per cento del Pil, nel 2026 si prevede che sarà solo il 6,1 per cento. Risorse insufficienti soprattutto se si considera che già oggi e strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie attive sono 12.576, con un’offerta di circa 414.000 posti letto (7 ogni 1.000 abitanti). Nel Nord-Est, dove si ha la disponibilità più elevata, sono poco più di 1.000 posti letto ogni 100.000 abitanti.  

Allo stesso tempo, se nel 1961 gli over 65 erano il 9,5 per cento della popolazione e le persone in età lavorativa (15-64 anni) il 66,0 per cento, oggi gli over 65 sono aumentati al 24 per cento. La situazione è ancor più critica se si prendono in considerazione le previsioni future. In base ai trend nel 2050 la popolazione anziana dovrebbe raggiungere il 34,5 per cento, mentre la popolazione in età da lavoro scendere sotto la soglia del 55 per cento. Inoltre, già oggi 6,8 milioni di pensioni sono sotto i 1.000 euro mensili.

In questo contesto le famiglie italiane sono sempre più vulnerabili, incerte nella gestione della non autosufficienza e consapevoli di dover ricorrere a risorse proprie. In quasi la metà dei casi (49,1 per cento), infatti, sono costrette ad occuparsi personalmente, come caregiver, di un parente non autosufficiente, in aggiunta al ruolo della badante.

A ciò si aggiunge la paura che i mezzi a disposizione possano risultare insufficienti. Il 40,7 per cento delle famiglie giudica non proprio sicuro il proprio livello di risorse economiche e teme che le disponibilità in termini di reddito, patrimonio e risparmi possano non essere sufficienti nel caso di imprevisti. A questi si aggiunge un 12,5 per cento che si dichiara completamente insicuro e sa che eventuali imprevisti potrebbero mettere la famiglia in seria difficoltà.

“Questo, soprattutto in rapporto alla condizione della non autosufficienza, indubbiamente contribuisce ad alimentare lo stato di incertezza delle famiglie, che chiedono interventi mirati come la totale deduzione del costo del lavoro domestico. Il nostro auspicio è che, dopo i timidi segnali che abbiamo letto nella riforma della non autosufficienza, il Governo possa recepire questo appello e tradurlo in atti concreti, che siano davvero universali”, ha dichiarato il presidente Zini.

Al momento, infatti, la deducibilità dei costi rappresenta l’unica soluzione possibile, non solo in termini di aiuto economico alle famiglie, ma anche come modalità per far emergere il lavoro nero. D’altronde altre alternative ad oggi non ci sono.

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