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Rapporto Censis, l’Italia del “sovranismo psichico”

“Sovranismo psichico”. E’ la locuzione coniata dal Censis nel suo 52ª Rapporto che, come al solito, rinnova con lucidità l’analisi e l’interpretazione dei più significativi fenomeni socio-economici del Paese, individuando i processi di trasformazione della società italiana. Il Censis classifica il periodo attuale attraverso le forti discontinuità rappresentate principalmente dalla rottura del mito globalista, appunto l’affermarsi dei sovranismi anche nelle urne, dall’infiammarsi del rancore, ma anche dal ritorno delle connessioni.

Dal Rapporto emerge, in generale, il ritratto di un Paese in declino, caratterizzato da molteplici difficoltà, da quelle economiche (il “rovescio del boom economico”) a quelle sociali (la mancanza e il degrado del lavoro in testa) fino all’emergenza demografica, con la denatalità (il pieno “inverno demografico” con sempre più anziani e meno bambini), la rottura delle relazioni affettive stabili (meno matrimoni) e l’aumento di numero delle persone sole. La domanda sociale preminente che viene dal basso – scontata – è quella di saper dare un senso e una visione del futuro (l’istituto fondato da Giuseppe De Rita parla di “profezia”).

Andando piùnel profondo, il nostro Paese presenta sempre più complessità, che finiscono per svuotare di senso la parola “normalità”, sogno di sempre più italiani. Da ciò cresce la domanda di equilibrio e di regole.

Questi contesti determinano una nazione impaurita e in cerca di un radicale bisogno di sicurezze, insofferente verso gli immigrati (con percentuali molto più alte della media europea), sempre più divisa tra un Mezzogiorno che si spopola e un Centro-Nord senza prospettive di crescita, fenomeni che determinano un clima sociale incattivito, dalla “coscienza infelice”.

Interessante l’analisi delle differenze tra i territori. Mentre Lombardia ed Emilia-Romagna sono lontane dalla crisi e sono positive anche le performance di Veneto e Toscana, il Lazio è indietro di cinque punti, la Sicilia di ben dieci. E non è un problema del solo Mezzogiorno: anche le Regioni colpite dal terremoto sono bloccate, il Pil dell’Umbria è 12 punti indietro rispetto al 2008. E quindi il flusso dei lavoratori si sposta verso i territori più floridi: a Bologna il tasso migratorio è di 18,9 su 1000 abitanti, a Milano di 15,3 migranti, a Firenze di 13,2, mentre nel Mezzogiorno si contrappone la fuga dei residenti, 3,6 per ogni 1000 abitanti a Bari, 5,9 a Napoli, addirittura 9,2 a Palermo.

Sul piano politico si accentuano la rabbia e il disinteresse verso i partiti e metà degli italiani ritiene i politici tutti uguali. A ciò si aggiunge lo scarso consenso per le istituzioni europee, ad esclusione dei giovani, che però sono pochi e in flessione: il 58 per cento dei 15-34enni e il 60 per cento dei 15-24enni apprezza l’Unione, soprattutto per la libertà di viaggiare, studiare e lavorare ovunque all’interno dei Paesi membri.

Sul piano economico, benché continuino ad aumentare i risparmi, soprattutto sui conti correnti, i consumi delle famiglie sono ancora al di sotto del periodo pre-crisi, ad esclusione dei consumi digitali che però, denuncia il Censis, “ci hanno fatto diventare una società senza miti e senza “divi” a causa della celebrazione digitale dell’Io, in un’esaltazione soggettiva che riduce la spinta in avanti, riduce ‘l’arco proiettivo'”. La metà della popolazione italiana è infatti convinta che chiunque possa diventare famoso, un dato che tocca il 53,3 per cento tra i giovani tra i 18 e i 34 anni (e un terzo ritiene che la popolarità sui social network sia un elemento indispensabile per arrivare alla celebrità).

(Gi.Ca.)

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