Hanif Kureishi, londinese di origini pakistane, è uno dei più importanti scrittori contemporanei, noto principalmente come drammaturgo e sceneggiatore. E’ un punto di riferimento della cultura multietnica, stimolato dalle contaminazioni e attento ai temi dell’emarginazione delle minoranze. Gode di una grande seguito, soprattutto a sinistra.
Nei giorni scorsi ha pubblicato un testo sulla nostra Capitale, emblematico di quel modo personalissimo di vedere la realtà da parte di intellettuali che, purtroppo, scollegati sempre più dalla quotidianità, parlano a loro stessi e ad un manipolo di irriducibili fans. Mentre il mondo robotizzato va da tutt’altra parte.
Scrive Kureishi: “Amo Roma più di qualsiasi altra città perché è la più malinconica di tutte le grandi metropoli europee, triste e quasi tragica nel suo abbandono e nella sua incuria. Penso a vecchie donne ricurve in nero e a vecchi intellettuali in giacca e cravatta, fuori tempo e luogo, che parlano solo a se stessi, come i personaggi di una commedia di Čechov”. Insomma, c’è tutto l’irrefrenabile fascino della decadenza che conquista gli immancabili pensatori (ma vallo a spiegare a chi, anziché passare il tempo fuori dai ristorantini di Trastevere a studiare l’ambiente, aspetta più semplicemente un’ora un bus o finanzia officine a causa delle buche nell’asfalto diventate crateri).
Ed insiste, il londinese: “Amo il romanticismo di Roma, ma compatisco i giovani nella loro disperazione. Non vorrei mai che i miei figli cercassero di sopravvivere in un luogo simile, anche se mi chiedo perché la zona della West London dove vivo diventa sempre più italiana, e si sentono sempre più voci italiane nelle strade. A cosa stanno rinunciando le persone per avere quel che non possono ottenere in casa propria?”.
Le consumate descrizioni da “Grande bellezza” della Città Eterna – decisamente cerebrali e pregne di ombrosità – continuano a tenere banco da anni, alimentando una sorta di assuefazione alla bruttezza e al malaffare che proliferano come un morbo inarrestabile. E mentre gli intellettuali di sinistra alla Cacciari pontificano da anni, destra e grillini passano all’incasso con le loro ricette “miracolose”.
Claudio Amendola, storicamente uomo di sinistra, durante una trasmissione su La7 dei giorni scorsi ha energicamente elogiato Matteo Salvini. Di fronte alle inevitabili critiche, non ha arretrato di un passo: “Quando ho detto che Salvini è il miglior politico degli ultimi venti anni ho sbagliato, avrei dovuto dire degli ultimi trenta”. Certamente non è il migliore, ma sicuramente ha saputo parlare meglio all’elettorato rispetto all’autoreferenzialità di cui è sempre più preda tanta sinistra.
(Domenico Mamone)