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Collaborazioni familiari occasionali e gratuite in agricoltura

Sono frequenti i casi in cui familiari del proprietario o conduttore di un terreno agricolo prestano la propria opera in azienda nei momenti di maggiore necessità (raccolta olive, vendemmia, ecc.). Al riguardo si tenga presente l’art. 74 D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276 (c.d. “Legge Biagi”), come modificato dall’art. 7 ter, D.L. 10.02.2009, n. 5 (convertito con modificazioni dalla legge 09.04.2009 n. 33) dispone che “Con specifico riguardo alle attività agricole, non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al quarto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione di lavori”. Detti apporti lavorativi possono avvenire nell’ambito di qualunque impresa agricola individuale, a prescindere dalla qualifica posseduta dall’agricoltore (coltivatore diretto, imprenditore agricolo a titolo principale o nessuna delle due). La disposizione in parola è rivolta ai parenti ed agli affini entro il 4° grado: i parenti e gli affini devono essere riferiti esclusivamente: a) al titolare dell’impresa, nel caso dell’impresa individuale; b) ai soli amministratori, nel caso delle società di persone. Con riferimento ai soggetti inclusi si deve rilevare che sono parenti: di 1° grado (i genitori e i figli), di 2° grado (i nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli), di 3° grado (i bisnonni, gli zii i nipoti intesi come figli di fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di 2° grado), e di 4° grado, i trisnonni, i prozii, i cugini (intesi come figli dei fratelli e delle sorelle dei propri genitori), i figli dei nipoti. Quanto agli affini, questi sono i parenti del coniuge ed il grado di affinità è lo stesso con cui questi soggetti sono parenti del coniuge. Per qualsivoglia persona sono dunque affini: di 1° grado: i suoceri (genitori del coniuge); di 2° grado: i nonni del coniuge, i cognati (fratelli e sorelle del coniuge); di 3° grado: i bisnonni del coniuge, gli zii del coniuge (fratelli e sorelle dei suoceri), i nipoti intesi come figli dei cognati; di 4° grado: i prozii del coniuge, i cugine del coniuge, i figli dei nipoti del coniuge. Com’ è noto, il coniuge non è parente, né affine. Tuttavia, anche il coniuge può prestare il proprio aiuto, a maggior ragione se la norma contempla gli affini, e cioè i parenti del coniuge. Sull’argomento l’INPS, con la circolare n. 22/2005 ha a suo tempo chiarito che “Ai sensi dell’articolo in esame, ricorrendo tutti i requisiti sopra descritti, le attività prestate dal parente o affine sono considerate come “prestazioni che esulano dal mercato del lavoro”, non riconducibili né allo schema del lavoro subordinato, né allo schema del lavoro autonomo. Ne consegue che le stesse non fanno sorgere alcuna obbligazione contributiva nei confronti degli Enti Previdenziali e pertanto non sussiste obbligo di denuncia all’Istituto.” Secondo lo stesso Istituto, tali specifiche prestazioni occasionali devono avere tre caratteri fondamentali: devono essere svolte in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo (l’attività è resa senza carattere di abitualità, in via eccezionale e straordinaria, anche ripetutamente nel corso dell’anno, ma sempre per brevi intervalli di tempo); devono essere svolte esclusivamente a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale (qualora la prestazione sia fornita in esecuzione di una obbligazione giuridica, non sussistono gli estremi del lavoro occasionale); devono essere gratuite, ovvero senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori. Non alterano difatti la gratuità della prestazione i rimborsi delle spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori (es. vitto, alloggio, spese per l’acquisto di mezzi, ecc.), che l’imprenditore può pertanto corrispondere ai prestatori, senza che ciò comporti modifica del titolo della prestazione. Con riferimento ai profili della sicurezza si sottolinea che il decreto legislativo n. 81 del 2008, recante le norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, all’art. 4, stabilisce che, ai fini della determinazione del numero dei lavoratori dal quale discendono particolari obblighi, non devono essere computati, tra gli altri, i lavoratori che svolgono prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell’articolo 74 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Questa esclusione dal computo non va tuttavia intesa come esclusione dalle norme di sicurezza dei parenti e affini entro il 4° grado che prestano il proprio aiuto in via occasionale o per brevi periodi ricorrenti: l’imprenditore deve invece applicare le norme di sicurezza anche nei confronti di questi “lavoratori”, dotandoli dei necessari dispositivi di protezione individuali, assicurandosi che utilizzino eventuali attrezzature a norma nonché formando e informando loro dei relativi rischi. Pertanto tutte le aziende in questione sono soggette alla vigilanza da parte dei Servizi di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (S.P.E.S.A.L.).

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