La tragica morte del nostro ambasciatore Attanasio, del carabiniere Iacovacci e dell’autista Milambo in Congo ripropongono grandi temi generali, che in questi anni sono stati oggetto di dibattito e anche di polemica politica.
Diciamo innanzitutto che per fortuna certe polemiche sono riemerse solo in minima misura in questa triste circostanza: il cordoglio e l’ammirazione per l’ambasciatore sono unanimi. E’ infatti particolarmente lodevole che un diplomatico, abbia voluto verificare di persona un problema umanitario in un villaggio congolese, interpretando responsabilmente e ampiamente i suoi compiti di monitoraggio e controllo dell’impiego delle risorse italiane della Cooperazione allo sviluppo che le agenzie Onu ricevono da Roma (forse andando oltre il suo dovere, o almeno contro la prassi più prudente seguita da altri diplomatici: succede, ai migliori e ai più coraggiosi, non per niente nelle definizioni di eroismo si menziona appunto il saper andare oltre al dovere).
Nel caso di rapimenti o aggressioni subìte da operatori umanitari privati, cioè di organizzazioni non governative, si era insinuato da più parti che avessero avuto comportamenti irresponsabili o poco cristallini, o che “se la fossero cercata”: una vera e propria campagna diffamatoria contro le Ong. I complottisti, oggi, non arrivano a questo per Attanasio, se mai se la prendono con il governo, che non l’avrebbe protetto con auto blindate e scorte armate, oppure con le agenzie Onu che avrebbero dato il “via libera” per percorrere quella strada. Qui c’è l’unico punto davvero dolente: è tutto lì, anche se è molto; in zona di guerra, esistono dei security officer che redigono una valutazione di sicurezza, ed è evidente che la valutazione di sicurezza fornita all’ambasciatore italiano era sbagliata. Se per destino, circostanze, errore umano, oppure incompetenza e colpa grave, non è dato sapere per ora, e questo andrà indagato. Da questo punto discende ogni altra valutazione: non è questione di dotare il corpo diplomatico di autoblinde e mitragliatrici, codesta è una discussione oziosa, perché, semplicemente, se ci fosse stata un’altra valutazione di sicurezza Attanasio non sarebbe partito.
Diradato, per quanto possiamo, questo polverone, c’è tanto di cui discutere: cosa sta accadendo in Congo, dove dopo anni di guerra permane una situazione di violenza diffusa e guerriglia al limite tra ribellioni politiche e criminalità organizzata? Cosa dobbiamo e possiamo fare come Paesi europei e come Italia? E’ giusto continuare a delegare alle agenzie Onu il grosso degli interventi, oppure la Cooperazione italiana dovrebbe riprendere un ruolo attivo e più indipendente? Riusciremo d’ora in poi a ricordarci che il problema dei barconi dei disperati che fuggono dalla Libia verso la Sicilia è soltanto il sintomo della grande crisi africana, e a ricordarcene tutti i giorni, non solo quando colpiti da un evento tragico, che rischia poi di finire archiviato fino alla prossima volta?
Per ora, lasciamo queste domande in sospeso.
(Luca Cefisi)