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Chiusura scuole: esperti mettono in guardia dalle depressioni

L’emergenza sanitaria in atto, dilagatasi a livello globale, ha causato uno stop forzato e necessario delle scuole. Se per i ragazzi più grandi le conseguenze non sono così nefaste, anche perché abituati a lunghi periodo di isolamento con le nuove tecnologie (purtroppo), ben diversa è la situazione per i servizi della prima infanzia. Molti esperti denunciano ripercussioni negative sulle condizioni psicologiche dei bambini che ormai da mesi vivono in una vera e propria condizione di isolamento sociale.

Secondo una recente indagine dell’American Health Association che ha coinvolto oltre duemila bambini, pubblicata sul The New York Times, uno su cinque avrebbe manifestato sintomi depressivi e stato di infelicità per via della mancanza di relazione con i coetanei. E ancora, secondo una ricerca pubblicata su Psychology Today, un periodo prolungato di desocializzazione scaturisce in un deficit di attenzione e capacità di espressione, ed è stato stimato un incremento del 55 per cento del tempo trascorso davanti ai dispositivi elettronici rispetto a quello precedente l’inizio dell’isolamento.

Ma quali sono i consigli degli esperti per fronteggiare la chiusura prolungata delle scuole in Italia, anche durante la Fase 2?

Proporre attività ludiche che ricordino l’ambiente scolastico, ripristinando la dimensionalità della routine, recuperare i concetti di memoria culturale e tradizione familiare, e assecondare le capacità multitasking dei bambini attraverso lezioni a distanza, fondamentali per non perdere il rapporto con docenti e compagni di classe.

“Purtroppo, la Fase 2 dell’emergenza sanitaria continua a incidere negativamente sui più piccoli e le scuole, anche quelle materne o gli asili nido, devono avere un progetto didattico lontano dal mero accudimento, volto a condurre ogni bambino nella sua individualità, nel suo percorso di crescita e di sviluppo delle competenze cognitive, emotive, relazionali, linguistiche e motorie – spiega Eva Balducchi, co-fondatrice di Baby e Junior College di Monza e Seregno. “Questo processo è veicolato ogni giorno dalle educatrici ed educatori che attraverso la quotidianità e la routine accompagnano i bambini al raggiungimento degli obiettivi di crescita consoni alle fasi evolutive per età. L’isolamento sociale ha colpito i bambini, molto più degli adulti, i quali in ragione della loro fase di maggior crescita e sviluppo, necessiterebbero invece di numerosi stimoli visivi, auditivi, dei processi di pensiero e di emulazione. Vanno sensibilizzate le famiglie sull’importanza di mantenere vivo il contatto con la scuola, in questo particolare ed estremamente delicato momento storico. La nostra realtà ha attivato per i bambini attività didattiche on-line, contrariamente a quanto si possa pensare, anche il solo ascolto di voci e suoni più o meno noti può accompagnarli in un percorso di stimolazione cognitiva e relazionale importanti per la loro crescita. D’altro canto, lo stesso isolamento avrà ricadute psicologiche sui più piccoli anche in fase di reinserimento nella comunità scolastica il cui difficile compito sarà affidato alle educatrici professioniste e alla direzione scolastica, nel ruolo di pedagogista. In questa fase potrà essere stato senz’altro d’aiuto non aver perso l’abitudine alla musicalità vocale delle insegnanti e a certe sollecitazioni”.

Secondo una ricerca pubblicata sul portale CBS, tra educatore e bambino si instaura un rapporto di fiducia reciproca, che tende a decadere con una chiusura prolungata delle strutture, aumentandone i capricci e l’aggressività.

Scenario condiviso anche da un report della Società Italiana per lo studio dello Stress Traumatico, secondo cui molti bambini stanno reagendo all’isolamento sociale con atteggiamento di iperattività, maggiore irritabilità, disturbi del sonno, discontinuità nel gioco e comportamenti regressivi. Bisogna ricordare che nella specie umana la socializzazione assume un peso particolare e da essa dipende la sopravvivenza della collettività, ragion per cui nella piramide dei bisogni primari di Maslow, quelli sociali furono messi al terzo posto, dopo quelli fisici e di sicurezza. Per questo motivo gli educatori devono avere uno sguardo da pedagogisti rivolto ai più piccoli, che sono passati dall’avere agende stracolme di impegni, prima dell’emergenza COVID-19, al rimanere senza la loro scuola, senza le attività extra, ma soprattutto privati del contatto con i loro coetanei.

“La chiusura forzata e prolungata delle scuole ha costretto i più piccoli ad affrontare un difficile periodo di desocializzazione che ha destabilizzato le loro routine quotidiane, incidendo soprattutto nella fascia 0-10. In questo momento difficile si sta perdendo la dimensione antropologico culturale data dai legami che si creano all’interno di un gruppo – spiega Ivanka Popova, pedagogista. “Per i più piccoli c’è il rischio che il legame con la scuola si spezzi e che i tempi si confondano in quanto passato e presente sono meno distinti. Ricordiamoci che i bambini vivono il presente e le routine gli danno le sicurezze necessarie alla loro crescita, ed è per questo che il nostro compito in qualità di insegnanti, educatori e genitori, è di non far mancare questa dimensione. Abbiamo assistito ad un vero e proprio cambio di forma sociale, dal solido verso il fluido come diceva il sociologo polacco Bauman, ed è quello che sta accadendo anche con la scuola. Per queste ragioni occorrerebbe ripristinare tre parole chiave: memoria culturale, rito e continuità. Come dice Assmann, la memoria culturale ha un ruolo innegabile nella costruzione dell’identità collettiva e tutti i componenti di una cultura, dal linguaggio, ai miti, ai riti costruiscono un orizzonte simbolico comune entro il quale ogni individuo si riconosce e trae coscienza della propria appartenenza sociale. Per fare in modo che questo processo non si interrompa possiamo portare le scuole nelle nostre case, far fare ai nostri figli i giochi simbolici legati alla scuola, raccontare storie ad essa legate e soprattutto non facciamo mancare della didattica a distanza. Anche per i più piccoli, che sembrano apparentamene distratti questo momento è essenziale, facendogli sentire le voci dei loro amici ed educatori, oppure la canzone conosciuta e legata alle ruotine della scuola, non potrà che essere di aiuto per tenere ben saldo questo legame. Non bisogna interrompere il processo di sviluppo di sé, quel “essere- nel- mondo”, come diceva Heidigger, è possibile solo attraverso l’altro”.

Ecco infine i consigli degli esperti per aiutare i bambini e più piccoli ad affrontare con maggiore serenità il prolungato isolamento sociale, dovuto alla chiusura delle scuole e degli asili nido:

–          Non sottovalutare l’importanza della didattica a distanza: le lezioni in videoconferenza favoriscono gli stimoli visivi e auditivi dei bambini, consentendogli di restare in contatto coi propri docenti e compagni di classe, mantenendo un senso di continuità del percorso scolastico.

–          Proporre attività ludiche che ricordino l’ambiente scolastico: dedicarsi a laboratori artistici fatti in casa, raccontare storie ambientate a scuola o guardare cartoni animati che ne parlino è fondamentale per non far pesare sui bambini l’assenza relazionale del gruppo classe.

–          Recuperare i concetti di memoria culturale e tradizione familiare: i genitori dovrebbero dedicarsi ad attività in cucina con i propri figli, magari riscoprendo vecchie ricette, e compiere lavori manuali come quello della maglia, combinando espressione creativa, rilassamento e azione.

–          Non sopperire la routine: si tratta di un vero e proprio rito ciclico che, soprattutto per i più piccoli, aiuta ad orientarsi a livello spaziale, relazione e temporale, sviluppando una sicurezza interna per compiere le semplici azioni quotidiane.

–          Portare i bambini all’aria aperta almeno un’ora al giorno: la chiusura forzata in casa destabilizza il loro equilibrio psicofisico. Per questo è fondamentale non sopprimere le esigenze di movimento all’aperto, garanzia di una corretta salute fisica e mentale.

Sullo stesso argomento è in atto un braccio di ferro tra alcuni intellettuali, in testa Massimo Cacciari, che hanno firmato un appello contro la sostituzione dell’insegnamento tradizionale face to face con il cosiddetto e-learning, e la ministra Azzolina, che difende l’importanza delle nuove tecnologie.

Si legge nel manifesto degli intellettuali: “…dare superficialmente per assodata l’intercambiabilità fra le due modalità di insegnamento – in presenza o da remoto – vuol dire non aver colto il fondamento culturale e civile della scuola, dimostrandosi immemori di una tradizione che dura da più di due millenni e mezzo e che non può essere allegramente rimpiazzata dai monitor dei computer o dalla distribuzione di tablet”. Ed ancora: “La scuola non vuol dire meccanico apprendimento di nozioni, non coincide con lo smanettamento di una tastiera, con la sudditanza a motori di ricerca. Vuol dire anzitutto socialità, in senso orizzontale (fra allievi) e verticale (con i docenti), dinamiche di formazione onnilaterale, crescita intellettuale e morale, maturazione di una coscienza civile e politica”.

Le accuse agli intellettuali riguardano principalmente la lontananza, anche generazionale, dalle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. In fondo le due tipologie di insegnamento non dovrebbero andare in conflitto, ma integrarsi e arricchirsi reciprocamente. Va detto che i nativi digitali hanno ormai una forma mentis ben allenata per farlo. E che la condizione di questi giorni è obbligata da un virus che, se non controllato, determinerebbe un numero di vittime ben peggiore di quelle già causate.

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