
“A settembre l’inflazione registra un ulteriore, sebbene lieve, rallentamento, attestandosi al +5,3 per cento. La nuova discesa del tasso di inflazione risente dell’andamento dei prezzi dei beni alimentari, la cui crescita in ragione d’anno si riduce sensibilmente, pur restando su valori relativamente marcati (+8,4 per cento)”, è quanto si legge nella nota rilasciata dall’Istat sui dati di settembre.
“Per contro, un freno al rientro dell’inflazione si deve al riaccendersi di tensioni sui prezzi dei beni energetici – in particolare nel settore non regolamentato, che riporta la dinamica tendenziale del comparto su valori positivi – ma anche all’accelerazione dei prezzi dei servizi di trasporto. Si attenua, infine, la crescita su base annua dei prezzi del ‘carrello della spesa”, che a settembre si attesta al +8,1 per cento”, fa sapere l’Istituto.
Nel mese di settembre 2023, infatti, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi ha registrato un aumento dello 0,2 per cento su base mensile e del +5,3 per cento su base annua, rispetto al +5,4 per cento del mese precedente.
Il rallentamento del tasso di inflazione si deve principalmente alla diminuzione dei prezzi dei beni alimentari non lavorati (dal +9,2 per cento al +7,7 per cento) e lavorati (dal +10,0 per cento a +8,9 per cento), dei beni durevoli (dal +4,6 per cento al +4,0 per cento) e, in misura minore, di quelli non durevoli (dal +5,2 per cento al +4,7 per cento), semidurevoli (dal +2,9 per cento al +2,4 per cento) e dei servizi relativi all’abitazione (dal +3,9 per cento al +3,7 per cento).
Al contrario, sono aumentati i prezzi dei servizi di trasporto, attestandosi sul +3,8 per cento (+1,2 per cento rispetto al dato precedente) e i prezzi dei beni energetici non regolamentati, passati dal +5,7 per cento al +7,6 per cento. Più contenuta anche la flessione dei prezzi degli energetici regolamentati, passata dal -29,6 per cento al -27,9 per cento.
A beneficiare del rallentamento del tasso di inflazione sono state soprattutto le famiglie con minore capacità di spesa, su cui i beni pesano di più. Al contrario, le famiglie con capacità di spesa più elevata, sono gravate maggiormente dal peso dei servizi, motivo per cui hanno risentito di più degli aumenti in questa categoria.
Dunque, per le famiglie con minore capacità di spesa l’inflazione è scesa dal +9,4 per cento del secondo trimestre al +6,7 per cento del terzo trimestre, mentre per quelle con capacità più elevata è passata dal +7,1 per cento al +5,6 per cento, riducendo così il differenziale inflazionistico tra i due gruppi (1,1 per cento).
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
