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Un mondiale esaltante

Domenico MamoneSi chiude il sipario su un mondiale entusiasmante, non tanto per il tasso tecnico, quanto per le emozioni che è stato in grado di offrirci. Si conclude con una bella finale, combattuta, coronata da sei gol, che ha premiato una giovane Francia cinica e anche un po’ fortunata (in quante partite ha svolto “il compitino” con essenzialità?), ma ha gratificato anche una Croazia capace di esprimere un calcio solido e collettivo. Un mondiale che ha premiato soprattutto le nazioni europee, con un podio finale tutto conquistato dal vecchio continente: era successo quattro volte nelle precedenti venti edizioni della coppia del mondo, in Italia nel 1934, in Inghilterra nel 1966, in Spagna nel 1982 e in Germania nel 2006, cioè – ahinoi – in occasione di tre affermazioni dell’Italia.

Dunque la Francia, a distanza di vent’anni, ha rialzato la coppa, dopo averlo fatto per la prima volta nel mondiale da lei organizzato nel 1998. La sconfitta più amara, per i galletti, è stata proprio quella ai rigori nella finale tedesca contro l’Italia nel 2006: per loro difficile da digerire e per noi esaltante da ricordare. Ma i nostri “cugini” transalpini, con la seconda stella, sono entrati definitivamente nel gotha del calcio mondiale. E non va dimenticato che hanno disputato anche sei semifinali ad un mondiale, con un bilancio di tre sconfitte e tre vittorie (battuta da Brasile e per due volte dai tedeschi).

Se è vero che le squadre spesso incarnano le caratteristiche dei popoli, la Croazia ha certamente confermato, in tutto il mondiale, la tenacia come elemento distintivo dalla prima all’ultima partita. La finale e il secondo posto appartengono ormai alla storia, anche perché soltanto a Francia ‘98 i croati sono riusciti a raggiungere una semifinale, battuti proprio dai francesi per 2-1, dopo aver spaventato i padroni di casa con il capocannoniere della rassegna Suker, che in avvio di ripresa portò i biancorossi a scacchi in vantaggio (poi neutralizzato da una doppietta di Thuram).

Questo mondiale delle sorprese ci consegna anche il coriaceo Belgio, che con il terzo posto ha conquistato il miglior risultato della sua storia. I diavoli rossi al massimo erano arrivati quarti, a Messico ‘86, sconfitti dall’Argentina per 2 a 0 con doppietta di Maradona.

L’Inghilterra, che è approdata alle semifinali (dopo 28 anni, Italia ‘90) come una delle favorite per la vittoria finale, ha invece sciupato tutto nelle ultime due partite.

Un accenno, doveroso, alla calda scenografia russa, ricca di colori e di cultura, Paese ospitale e naturalmente ben organizzato. Capace di inserirsi bene, con questo mondiale, anche nel calcio che conta.

Diventano sempre più lontani, quindi, i momenti esaltanti di questa parentesi estiva di calcio internazionale. Ad esempio il ricordo del pirotecnico 3 a 3 tra Portogallo e Spagna, sicuramente uno degli incontri più belli del primo turno. Le attese, deluse, per l’Egitto, ma anche in fondo anche per la simpatica Islanda e per una qualsiasi squadra africana, L’ottima Uruguay penalizzata dall’infortunio di Cavani. Il Messico che ha piegato la Germania. Il cammino della Svezia, che ha in parte riscattato l’estromissione dell’Italia. Il meraviglioso Giappone.

Il fatto che nel quartetto finale non ci siano state Brasile, Argentina, Germania, Spagna e Portogallo ha acceso qualche rimpianto in più per la nostra nazionale, sebbene prevederla come sorpresa sarebbe stato davvero difficile. Si spera che il blackout di quest’anno rimanga un fatto isolato perché un mondiale senza gli azzurri, per generazioni di noi italiani, è stata un’ipotesi fantascientifica e, purtroppo, una realtà contemporanea. Qualcuno, forse con sottile ironia, ha osservato che il mondiale ce lo siamo gustati di più proprio perché liberi da implicazioni di tifo. Va bene l’ironia, ma che non succeda più, d’accordo mister Mancini?

(Domenico Mamone)

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