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Firenze, ai Georgofili convegno sul cacao

Si è svolto presso la sede dei Georgofili un incontro dedicato a “Il cacao in Toscana”. Il tema, esteso anche a livello internazionale, è stato introdotto dal professor Zeffiro Ciuffoletti dell’Università di Firenze, il quale ha svolto una relazione su “Firenze e la meravigliosa storia del cacao”.

I relatori che si sono succeduti hanno affrontato gli aspetti di ricerca, economici e del mercato del cacao nonché il suo ruolo nell’alimentazione e il suo uso in cucina.

Il professor Ciuffoletti  s’è in particolare soffermato sulla storia del prezioso alimento. “Come è noto Carlo Linneo nel 1775 diede all’albero del cacao il nome Theobroma che in greco significa cibo degli dei – ha ricordato Ciuffoletti.

“Tra storia e leggenda quella del cacao è una vicenda di successo: dal bacino dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni l’albero del cacao nel corso del XVIII secolo dal Brasile emigrò verso la Martinica e poi in Venezuela, Colombia, Messico per arrivare sino alle Filippine e poi in Africa – ha continuato il professore.

“I semi del cacao fornirono la base di una bevanda di successo in Europa, dalla Spagna alla Francia sino all’Olanda che nel XVII secolo strappò agli spagnoli il predominio nel commercio mondiale del cacao. Quando nelle città europee si diffuse la moda del cioccolato, l’arte cioccolatiera trovò interpreti originali anche in Italia, a Torino, ma anche in Toscana, a Firenze, dove i Medici con Cosimo III mobilitarono i nostri artigiani per fabbricare una deliziosa cioccolata all’odore di gelsomino. Una specialità e un gusto fiorentino per maggior gloria della dinastia medicea e del cioccolato – ha raccontato l’accademico.

La professoressa Manuela Giovannetti del Centro Interdipartimentale di Ricerca “Nutraceutica e Alimentazione per la Salute” dell’Università di Pisa ha illustrato le caratteristiche organolettiche del cacao. “Gli aromi, il colore e il gusto del cioccolato dipendono in larga misura non solo dalla varietà genetica della pianta Theobroma cacao, ma anche dalla fermentazione microbica del frutto e dei semi che avviene dopo il raccolto – ha spiegato la professoressa.

“Infatti durante la fermentazione sono prodotti composti volatili e non volatili, precursori degli aromi del cioccolato. Il frutto contiene circa 30–40 semi di cacao avvolti da una polpa mucillaginosa acida e ricca di zuccheri, che si contamina con microrganismi ambientali e inizia a fermentare spontaneamente. I lieviti fermentano gli zuccheri trasformandoli in alcool etilico, e contribuiscono alla degradazione della polpa attraverso la secrezione di enzimi pectinolitici.

I batteri lattici metabolizzano l’acido citrico, aumentando il pH e il contenuto in ossigeno, che favorisce la crescita dei batteri acetici, capaci di trasformare l’etanolo in acido acetico. Il processo porta a un aumento della temperatura fino anche a 50°C, che inibisce la germinazione.

Contemporaneamente avviene la degradazione delle pareti delle cellule dei semi, e il rilascio di enzimi preziosi che portano alla formazione dei precursori degli aromi del cioccolato. Recenti ricerche hanno mostrato come sia importante selezionare ceppi di lieviti e batteri che possiedano sia caratteristiche tecnologiche ottimali che elevate capacità di produrre sostanze aromatiche, da poter utilizzare come starters nella fermentazione del cacao – ha detto la professoressa Giovannetti.

Sull’economia e sul mercato del cacao e della cioccolata s’è invece soffermato il professor Fabio Maria Santucci dell’Università di Perugia. Ha detto: “Il mercato del cacao è un caso estremo di struttura a clessidra, con da un lato circa cinque milioni di piccoli coltivatori, in Paesi in via di sviluppo, e dall’altro miliardi di consumatori finali. In mezzo, pochissimi enormi trader e trasformatori, che fanno sia semilavorati che prodotti finiti, spesso commercializzati sotto più marchi, accompagnati da centinaia / migliaia di piccoli trader, processor, e produttori di grocery.

La ICCO – Organizzazione Internazionale del Cacao dovrebbe favorire il dialogo tra le parti. Otto paesi su 61 rappresentano il 90% della produzione mondiale. Spiccano la Costa d’Avorio e il Ghana. Due i mercati di riferimento: Londra e New York. Sei processor, in Europa e USA, controllano il 70-75% della lavorazione. 10 brand occupano il 70% circa del mercato finale”.

Ha inoltre ricordato che la direttiva 2000/36/CE permette l’uso di grassi diversi dal burro di cacao per produrre cioccolata. La perdita dei produttori di cacao è incalcolabile. I consumi mondali nel 2016 valgono circa 123 miliardi di dollari, con in testa la Svizzera (8,8 chili), In Italia circa 3.8-4 chili a testa. Modestissimo il consumo cinese (100 grammi), ma si prevede una enorme crescita. In Europa e Usa, si prevede l’espansione dei prodotti di qualità, monovarietali, con indicazioni geografiche, biologico e fair trade.

“La sostenibilità del settore è stata enfatizzata nella quarta Conferenza Mondiale del Cacao (Berlino 2018) – ha inoltre ricordato il professor Santucci, che s’è focalizzato sul miglioramento tecnico (rese più alte e stabili), sul minor impatto ambientale (meno deforestazione, agro-forestry), sull’eliminazione del lavoro minorile, sulla migliore organizzazione dei produttori, sulla maggiore acquisizione di valore. “Le stesse multinazionali giocano oramai la carta della Corporate Social Responsibility – ha evidenziato l’accademico di Perugia.

Il dottor Claudio Cantini del Cnr-Ivalsa ha trattato gli aspetti innovativi nell’impiego del cacao associato a prodotti tipici dell’agricoltura italiana, che – come ha ricordato il professore, “ha nelle proprie molteplici tipicità un punto di forza che la contraddistinguono rispetto ad altre agricolture più estensive e poco differenziate”.

Ha quindi aggiunto: “Molti prodotti tipici sono ben conosciuti, hanno un proprio mercato che rende remunerativo il lavoro degli imprenditori, altri invece ricevono scarsa attenzione, sono poco valorizzati e soprattutto non garantiscono un reddito adeguato ai produttori. Alcuni prodotti primari quali ad esempio quelli di alcune specie frutticole, si scontrano inoltre con problematiche di mercato quali la stagionalità, che ne limita il consumo a periodi brevissimi, oppure la mancanza di caratteristiche idonee per il commercio come il colore o la morbidezza della polpa. Molti frutti delle varietà autoctone, di più antica coltivazione, riscontrano problemi di vendita al commercio nonostante possiedano qualità organolettiche o nutraceutiche superiori a quelle più diffuse a livello di grande distribuzione.

La lavorazione artigianale del cacao utilizza in Italia diversi prodotti agricoli tipici e caratteristici si pensi ad esempio alle nocciole Igp del Piemonte. Questo settore di trasformazione artigianale potrebbe ulteriormente avvantaggiarsi, in termini di innovazione e qualità, individuando altri prodotti tipici dell’agricoltura da associare al cacao. In Toscana un tentativo del genere è stato fatto con un progetto denominato Toscolata© finanziato sui fondi dell’innovazione che ha portato all’immissione in mercato di tavolette con mele essiccate ed olio extravergine di oliva ma sono molti altri i prodotti che potrebbe essere utilizzati con un positivo riscontro economico sia per il settore primario che per quello della trasformazione”

Il dottor Francesco Cipriani, direttore Ufc Epidemiologia Dipartimento di Prevenzione, Ausl Toscana Centro ha illustrato i rapporti tra il cacao e la salute umana.

Le conoscenze sul rapporto tra consumo di alimenti e salute derivano dai risultati di studi di laboratorio su cellule, animali e uomini e da studi epidemiologici condotti in popolazioni umane con differenti abitudini alimentari – ha detto il dottor Cipriani.

“L’insieme dei risultati ad oggi disponibili da questi tipi di studio sul rapporto tra consumo di cioccolato/cacao e malattie nell’uomo non forniscono prove conclusive, ma alcune evidenze sembrano più consolidate. In particolare, emerge con una certa costanza il possibile effetto protettivo del consumo di cioccolato fondente, ma non di quello al latte, per i problemi cardiovascolari. L’effetto protettivo per i tumori al momento è evidente in alcuni studi in vitro ma meno in quelli epidemiologici. Promettenti le recenti segnalazioni di possibili effetti positivi del cioccolato o cacao su altri apparati ed organi, anche se ancora poco consolidate. Molti autori concordano nell’attribuire gli effetti benefici del cioccolato alla sua ricchezza in vari tipi di molecole antiossidanti (polifenoli) e più in generale a nutraceutici. Sorprendentemente, sono pochi gli studi che riportano qualche effetto negativo a seguito del consumo di cioccolato. Il cioccolato è però anche ricco in zuccheri e grassi saturi e con elevato tenore in calorie. Sebbene ad oggi sembra ragionevole la raccomandazione di un consumo moderato di cioccolato fondente, non è ancora chiaro quale sia la quantità che ottimizza il bilancio tra rischi dovuti alle calorie e grassi saturi ed i benefici degli antiossidanti”.

Valentino Mercati, presidente di Aboca spa, ha trattato il tema dell’impiego del cacao come integratore alimentare.

“Possiamo valutare il cacao per l’utilizzo nella nutraceutica, mentre il burro di cacao lo potremmo posizionare nel suo impiego nel sistema alimentare / farmaceutico / cosmetico quale eccipiente tecnologico naturale.

Il cacao è una materia prima fondamentale per riportare l’evoluzione tecnologica all’interno della sopportabilità del sistema vivente, oggi minacciato dalle sostanze artificiali sia chimiche che geneticamente modificate.

Un nuovo posizionamento del cacao nella nutraceutica si può oggi delineare principalmente nelle disfunzioni neurologiche ed infiammatorie. Può essere anche una fonte importante di principi attivi per l’evoluzione sempre più minacciosa delle patologie croniche degenerative”.

Il professor Giorgio Galanti dell’Università di Firenze ha trattato il tema dell’attività fisica in relazione al cacao, ricordando l’obiettivo delle Raccomandazioni globali dell’Organizzazione mondiale della sanità per la salute è la prevenzione primaria e secondaria delle malattie non trasmissibili attraverso l’attività fisica a livello di popolazione.

Il professore ha ricordato che “l’attività fisica regolare può ridurre la mortalità e il rischio di carcinoma mammario ricorrente di circa il 50%, ridurre il rischio di cancro al colon di oltre il 60%, ridurre il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer di circa il 40%, ridurre l’incidenza di malattie cardiache e ipertensione di circa il 40%”.

Inoltre sulla base delle evidenze osservazionali, i livelli di consumo di cioccolato sembrano essere associati ad una sostanziale riduzione del rischio di disturbi cardiometabolici.

“Studi clinici suggeriscono che i fitofarmaci polifenolici come gli acidi fenolici nell’olio d’oliva, i flavonoli nel tè, il cioccolato e l’uva e gli isoflavoni nei prodotti a base di soia riducono il rischio di cancro al seno – ha continuato il professore, il quale ha fatto sapere che “il consumo di cioccolato può essere associato a un ridotto rischio di CVD a <100 g / settimana consumo”.

Ed ancora: “Livelli più alti possono annullare i benefici per la salute e indurre effetti avversi associati al consumo elevato di zuccheri. Lo studio conferma precedenti segnalazioni secondo cui i partecipanti con elevato apporto di cioccolato e flavanoli derivati dal cacao subiscono un rischio ridotto di sviluppare T2D anche dopo aver controllato l’assunzione di zucchero, dieta qualità e altri aspetti della dieta. Sono necessari ulteriori studi sperimentali per confermare un effetto potenzialmente benefico del consumo di cioccolato. Conclusioni Associare quindi l’attività sportiva e il consumo di cacao nella dieta corretta può considerarsi molto utile”.

Il dottor Ruggero Larco, direttore del Centro studi territoriale Toscana, Accademia italiana della cucina, s’è soffermato sugli aspetti gastronomici. “Sin dai tempi di Roma antica il gusto dolce-salato era quello predominante – ha ricordato l’esperto. “E questa tradizione culinaria si ritrova poi agli inizi del XV secolo. Dal Rinascimento i viaggi dall’Oriente portarono nella nostra penisola spezie rare e preziose, ridando “vita” al dolce e forte che si arricchisce di nuovi gusti.

A Siena, per esempio nasce il Panforte, e successivamente tutta la cucina sia senese che fiorentina ebbe a risentirne. Ma l’aspetto più importante dopo la metà del XVI secolo fu l’uso di un nuovo e rivoluzionario ingrediente, il cioccolato.

Con la conquista dell’America Centrale da parte dei generali spagnoli e dopo le vittorie sugli Aztechi e sui Maya, i “semi” di cacao cominciano ad arrivare in Europa con i primi rudimenti per il loro corretto utilizzo. La bevanda, come scoprirono i Conquistadores, aveva una grande importanza per le popolazioni sia Maya che Azteche e, variamente preparata, infondeva loro vigore ed energia. Per i Maya era il chocal, per gli Aztechi il choclat. Per gli spagnoli era il ciocolat, e per noi cioccolato. E il suo arrivo in Europa definì anche la ricetta del dolce-forte anche se in origine era una salsa che veniva aggiunta a metà cottura di particolari umidi, come cinghiale e lepre, carni dal gusto forte e deciso, che grazie al cioccolato unito al burro fuso e frutta secca tritata, risultava più “rotondo” e aggraziato. Oggi, la preparazione del piatto è più delicata, e il cioccolato, tritato, viene aggiunto in dosi opportune.

Il dottor Roberto Rappuoli, presidente della Cna Alimentare Toscana, ha ricordato come esista in Toscana una tradizione artigianale che ruota attorno ad uno dei più amati frutti della terra, appunto il cacao. “Così come per tutte le produzioni alimentari l’artigianalità è sinonimo di qualità di prodotto e di processo produttivo con un’altissima attenzione a tutte le fasi di lavorazione – ha evidenziato Rappuoli.

“Il cioccolato artigianale tradizionale toscano, principale prodotto di trasformazione del cacao, è da sempre ritenuto un prodotto di assoluto valore qualitativo sia per la tecnica di lavorazione sia per l’innovazione di prodotto che i cioccolatieri artigiani hanno saputo imporre sul mercato”.

(Giampiero Castellotti)

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