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Economia Circolare: tutti i numeri nel libro di Start Magazine

Fare diventare l’economia circolare un sistema virtuoso capace di ripensare gli spazi di vita quotidiana portando al centro la sostenibilità ambientale. Una vera e propria rivoluzione di pensiero che rimetta in discussione i tradizionali ambiti di vita sociale delle città: trasporti, mobilità, energia, tecnologia e digitale.

È stato questo il focus del dibattito andato in scena ieri a Roma, presso l’Hotel Nazionale di Piazza Montecitorio, per la presentazione del libro “Economia circolare. Città, imprese e modelli produttivi, l’Italia che cambia”.

Il volume, curato da Start Magazine, ha dato vita ad un sano confronto tra esponenti di governo e delle istituzioni, docenti universitari e stakeholder, sul tema della circular economy, con particolare attenzione alle tematiche riguardanti i rifiuti, l’end of waste, la mobilità elettrica e la rigenerazione urbana. Per un parterre del tutto d’eccezione:  presenti Umberto Buratti, componente VI Commissione Finanze Camera dei Deputati; Giovanni De Feo, professore Università degli Studi di Salerno; Alessandra Gallone, componente XIII Commissione Territorio, ambiente, beni ambientali Senato della Repubblica; Vannia Gava, componente V Commissione Bilancio Camera dei Deputati; Roberto Morassut, Sottosegretario di Stato Ministero dell’Ambiente; Alessandra Todde, Sottosegretario di Stato Ministero dello Sviluppo economico; Simone Togni, Presidente Anev; Mario Turco, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio; G.B. Zorzoli, Presidente del Coordinamento Free. A dara il loro contributo anche Luca Valerio Camerano, Ad di A2A; Bruno Mattucci, ad di Nissan Italia; Paolo Tomasi, presidente di Conou; Giancarlo Longhi, presidente onorario di Coripet e rappresentanti di Cdp, Snam, Ast, Utilitalia, Enel.

I lavori della tavola rotonda, introdotti da Valerio Giardinelli, Managing director e partner Innovative Publishing e poi moderati da Michele Guerriero, direttore editoriale di Start Magazine, hanno evidenziato come nel nostro paese si stia instaurando, seppur lentamente, quella “visione circolare” motore essenziale della trasformazione sociale. Come l’ottimo esempio, riportato nel libro, del consorzio Conou, grazie al quale nel 2018 sono state raccolte circa 186 mila tonnellate di oli usati, il 99% del totale; un risultato senza eguali in Europa. Senza poi dimenticare il consorzio Coripet, che ha ottenuto dal ministero dell’Ambiente l’autorizzazione per la gestione dei propri rifiuti (bottiglie in PET dei propri associati), e che intende creare, mediante il riciclo bottle to bottle. Altro esempio di best practice è il progetto di recupero delle scorie di acciaieria lanciato da Acciai Speciali Terni, insieme all’azienda finlandese Tapojärvi Oy.

Nel segno del cambiamento anche il settore della mobilità elettrico. In Italia è costituito da circa 33.726 veicoli contro i 38 milioni a combustibili fossili. Le infrastrutture di ricarica (colonnine) sono poco più di 5.000 mentre se si considerano i punti di ricarica sono poco più di 10.000.

Male invece il capitolo rifiuti. Secondo i dati forniti dall’Ispra, l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, in Italia nel 2017 si siano ottenuti quasi 140 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, prodotti dalle imprese, e circa 30 milioni di rifiuti urbani di cui vengono avviati a riciclo, rispettivamente, il 65% (92 milioni di tonnellate) e il 47% (15 milioni di tonnellate). Per i rifiuti urbani siamo quindi ben lontani dalla soglia prevista dalla normativa europea che impone entro il 2035 di avviare a riciclo il 65% come già riescono a fare le imprese e a discarica solo il 10%.

Una situazione difficile se si pensa, come riportano i dati della Confederation of European Waste to Energy Plants (Cewep), nel 2017, che l’Italia con 6,11 milioni di tonnellate di rifiuti esce sempre sconfitta  paragonata a paesi simili per popolazione e per produzione di rifiuti: tutti hanno investito di più, smaltiscono di più e danno lavoro a un maggior numero di persone, anche avvalendosi di impianti di ultima generazione. In totale nel Vecchio Continente sono 492 i termovalorizzatori attivi e 96 milioni di tonnellate i rifiuti trattati in essi.

Nell’ipotesi in cui l’Italia riesca a superare gli obiettivi della Direttiva UE 2018/851 in tema di gestione dei rifiuti urbani, raggiungendo una percentuale di effettivo riciclo pari al 70% entro il 2035 e azzerando i conferimenti in discarica, il volume dei rifiuti residuali sarebbe pari a circa 9 milioni di tonnellate. Considerato che l’attuale capacità di termovalorizzazione a livello nazionale è inferiore a 6 milioni di tonnellate, il gap di capacità sarebbe pari ad almeno 3 milioni di tonnellate l’anno.

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