
A Venezia quest’anno sono stati previsti 29 giorni – quelli di maggior potenziale afflusso turistico – in cui si è dovuto pagare un biglietto per accedere in città. È stato attuato il primo progetto di “ticket cittadino” in Italia, tra i primi al mondo.
L’iniziativa è partita lo scorso 25 aprile e si è sviluppata, appunto, per 29 giorni in questo 2024 (fino al 14 luglio). Il prossimo anno i giorni raddoppieranno, arrivando a 54, ed anche il ticket duplicherà a dieci euro se si pagherà nei quattro giorni precedenti la visita, cinque euro se la prenotazione sarà precedente ai quattro giorni.
Sono esentate dal pagamento alcune categorie di persone, come quelle che dormono in strutture ricettive, perché già pagano la tassa di soggiorno, residenti e abitanti di tutto il Veneto, parenti fino al terzo grado, lavoratori in città, disabili, forze armate, chi deve sottoporsi a esami o visite.
L’obiettivo dichiarato dall’amministrazione è quello di limitare la mole di turisti italiani e stranieri che ogni giorno sbarcano in città e vi sostano soltanto qualche ora, senza fermarsi. Cioè sotto accusa è il fenomeno della cosiddetta “turistificazione” (o disneylizzazione”) di Venezia: il turismo di massa, come ha più volte denunciato l’Unesco, rischia di deteriorare un luogo straordinario come la “città delle gondole” e di causarle danni irreversibili.
Il sindaco Luigi Brugnaro ha infatti parlato di “difesa della città” e non di “chiusura”. In effetti il numero dei posti letto per turisti in questo 2024 avrebbe sorpassato addirittura il numero dei residenti (49.693 posti letto contro 49.304 abitanti), mentre nel 2008 il rapporto era 60mila residenti e 12mila posti letto.
Tuttavia l’esperienza di Venezia potrebbe innescare un effetto a valanga, non solo per i ticket di accesso ai centri storici, ma anche per monetizzare le visite ai monumenti finora gratuiti (tra i casi più recenti il Pantheon a Roma e, in previsione, Fontana di Trevi). A Firenze da diverse stagioni si discute del problema degli affitti brevi, che ovviamente danneggia il comparto degli alberghi.
Sono due i fenomeni che sono emersi principalmente negli ultimi anni. In primo luogo, per mettere a rendita un appartamento non ci si orienta più sull’affitto lungo, ad esempio ad una famiglia o a un lavoratore fuori sede, ma sul business delle case vacanza o b&b, oltre che più redditizie soprattutto più sicure sul fronte degli insoluti o delle possibili occupazioni degli appartamenti; in secondo luogo nelle città turistiche la proporzione tra turisti che pernottano e turisti giornalieri è ormai totalmente squilibrata: secondo Jan van der Borg, professore di economia del turismo all’Università Ca’ Foscari di Venezia oggi rispetto all’80% di “escursionisti” c’è appena un 20% di soggiornanti. Ciò determina anche il crollo del numero dei residenti.
Non sono pochi coloro che si oppongono al pagamento, con diverse motivazioni. Se l’ex sindaco di Venezia, il filosofo Massimo Cacciari, ha definito il biglietto “una pura follia”, altri richiamano gli articoli 16 e 45 rispettivamente della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il diritto di circolazione e soggiorno libero su tutto il territorio nazionale. Ma, come spiegano alcuni costituzionalisti, il pagamento, in realtà, non limita il diritto alla circolazione, semmai “screma” le presenze introducendo pedaggi o tariffe per gestire il suolo pubblico e tutelare l’inestimabile patrimonio culturale inestimabile.
Indubbiamente chi finora ha avuto benefici dal provvedimento è stata l’amministrazione comunale. Nei 29 giorni del 2024 in cui è stato imposto il pagamento, il Comune ha incassato 2 milioni e 425mila euro, con una media giornaliera di quasi 17mila euro. Invece sembra che l’obiettivo di ridurre le presenze non sia stato centrato in quanto, anzi, i turisti sarebbero aumentati. Il fascino di Venezia, evidentemente, val bene qualsiasi ticket.
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
