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Grattacieli e inchieste

Milano da anni è un modello innovativo e vorticoso di efficienza e di sviluppo. L’unica metropoli italiana da sempre inserita perfettamente nel gotha europeo. Oggi più che mai. Con Amsterdam, Londra, Monaco di Baviera, Parigi. Da sola, con poco più di 1,3 milioni di residenti (cioè circa il 3 per cento della popolazione nazionale) produce il 5 per cento del Pil italiano.

A Milano la mobilità è garantita, tra l’altro, da cinque linee della metropolitana. Una arriva fino a Linate. Le università, tra le più prestigiose a livello internazionale, sono otto, con 220mila studenti (metà fuorisede). La sanità attira pazienti da tutta Italia e dall’estero. A livello economico e produttivo, Milano è la capitale di quasi tutto, ad iniziare dalla finanza, dalla moda, dai congressi. Con il culto del lavoro, degli affari, dell’eleganza, dell’internazionalità che l’ha sempre accompagnata, immortalato anche in quel fortunato e consumato spot della “Milano da bere” di Marco Mignani, anno 1985. Oggi riesce a dire la sua persino nel turismo, pur non essendo Roma o Venezia. E il 20 per cento delle start up italiane ha sede qui.

Dai fasti dell’Expo 2015 fino a quelli già emergenti della Milano-Cortina 2026, la città ha conquistato in dieci anni ben 35 miliardi di investimenti nel solo settore edilizio, come attesta Scenari Immobiliari. Porta Nuova e Citylife hanno fatto da apripista alla verticalità dei nuovi grattacieli, all’affascinante skyline delle torri di vetro, dei centri commerciali, degli headquarter, degli hotel (ben 31 quelli a cinque stelle) e dei club privati sul modello delle metropoli internazionali. Poi negozi del lusso e le case da due milioni di euro in su. Qui hanno fatto affari i maggiori fondi d’investimento, come quelli statunitensi, quale Blackstone, arabi, svizzeri. Ma anche archistar, con un eufemismo chiamati “paesaggisti”, con le loro idee faraoniche.

Una “città per agiati” attira, ovviamente, schiere di Paperoni internazionali, in particolare personaggi dello sport e dello spettacolo: sarebbero almeno cinquemila, numero in costante crescita, attratti anche dai benefici fiscali italiani (flat tax a 200mila euro su redditi generati all’estero, tasse di successione all’8 per cento).

Di conseguenza il mercato delle case di lusso non conosce crisi: prezzi saliti del50 per cento dal 2020 ad oggi, secondo Immobiliare.it.

Il rovescio della medaglia è tutto in una domanda: a che prezzo?

L’attuale inchiesta della magistratura – 74 persone indagate, tra cui il sindaco, e sei richieste di arresto – offre soprattutto l’occasione per riaccendere il dibattito su questo modello di sviluppo che indubbiamente – al di là degli aspetti giudiziari che stanno emergendo – pone un tema sociale, espellendo ampie fasce della popolazione da una città diventata troppo cara. Il vulnus nel “modello Milano” è proprio nella mancanza di correttivi soprattutto per calmierare prezzi e canoni delle case, come ad esempio avvenuto a Vienna o a Berlino. Non sono pochi coloro che, pur lavorando a Milano, sono costretti a vivere addirittura in Piemonte o in Liguria per i costi meno proibitivi. Analogo problema riguarda gli studenti universitari.

L’osservatorio Casa Abbordabile con il Politecnico di Milano ha stimato che un operaio (reddito di 1.360 euro mensili) può permettersi l’acquisto con mutuo di 19 metri quadrati, un impiegato (1.836 euro) 25 metri quadrati.

Il problema non riguarda soltanto gli immobili, cresciuti lo scorso anno più del doppio della media nazionale (4,6 per cento in più contro il 2,1 per cento italiano), ma i beni e i servizi: oltre ai costi elevati dei generi alimentari, un asilo privato costa mediamente 750 euro al mese, la palestra molto più di una romana, i ristoranti restano nella maggior parte dei casi un privilegio.

C’è ovviamente anche il tema di una politica sempre più debole, che anziché tutelare l’interesse pubblico cede spesso lo spazio alle utilità dei privati, determinando degenerazioni nella gestione urbanistica. Venendo meno il ruolo degli amministratori pubblici e la capacità di arginare le spinte più discutibili, l’intreccio tra dirigenti, tecnici, immobiliaristi e faccendieri vari la fa da padrone. In fondo non è una novità, addirittura sin dagli anni Cinquanta (esemplare “il sacco di Roma”), con i “palazzinari” che hanno fatto il bello e cattivo tempo in tante città.

Naturalmente la legalità è sacrosanta e le inchieste si rispettano. Il presunto malaffare non può giustificare qualsiasi accenno di progresso. Ma, come spesso scriviamo su queste pagine, occorre recuperare innanzitutto l’armonizzazione tra sviluppo, etica e beneficio collettivo in un patto proficuo tra pubblico e privato. Abbiamo avuto l’esperienza di Mani Pulite, il cui bilancio è ancora oggetto di accese discussioni. Evidentemente abbiamo imparato poco.

Ora lo stallo dei lavori, l’inevitabile rallentamento degli uffici urbanistici, la rinuncia a portare avanti anche progetti meritori (come gli studentati già ammessi al finanziamento del ministero) e le grane per migliaia di famiglie alle prese con la consegna delle chiavi di abitazioni progettate o in costruzione costituiscono l’improvviso irrompere di problemi che vanno affrontati subito per evitare che un’inchiesta, eventualmente sostenuta dal populismo ideologico, diventi una valanga incontrollabile che travolge tutto, anche quel quanto di buono è stato fatto e che ha permesso a Milano di attrarre capitali e di scalare le classifiche internazionali dello sviluppo.

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