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Dazi? Sosteniamo le diversificazioni

I dazi imposti dagli Stati Uniti all’Unione europea hanno riacceso l’interesse – se non la necessità – per la diversificazione dei mercati e il rafforzamento delle nostre relazioni commerciali con altri Paesi. Ovviamente si tratta di processi lunghi, complicati e soprattutto che necessitano di regole chiare e certe per evitare di importare prodotti che non soddisfano quegli standard minimi di qualità che caratterizzano gran parte delle produzioni europee, italiane in particolare.

Tuttavia la promozione di liberi scambi in quadri regolamentati risponde ai principi base della nostra moderna economia, quella che ci ha permesso di diffondere benessere ad ogni latitudine.

All’interno dei nuovi equilibri internazionali, generati in particolare dal presidente statunitense, l’Europa sta considerando con più rilevanza l’accordo con il cosiddetto Mercosur, il mercato comune del Sud America, istituito da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay con il Trattato di Asunción nel 1991, esteso poi a Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù, mentre il Messico è Stato-osservatore. Sono circa 300 milioni di potenziali consumatori per un Pil combinato, tra Europa e Sudamerica, di circa 20 trilioni di dollari.

Lo scorso 6 dicembre 2024, dopo oltre vent’anni di negoziati, l’Unione europea e il Mercosur hanno firmato un primo accordo di libero scambio destinato a creare una delle più vaste aree economiche integrate a livello globale. L’accordo prevede che, nell’arco di dieci anni, il Mercosur liberalizzi il 90 per cento delle importazioni di beni industriali europei e il 93 per cento dei prodotti agricoli, riducendo progressivamente le barriere tariffarie e non tariffarie.

Sul fronte delle garanzie, nell’accordo è prevista la tutela di circa 350 indicazioni geografiche europee e vi sono alcune clausole per la sostenibilità ambientale e sociale.

Per la ratifica dell’accordo, che potrebbe avvenire entro l’anno, non mancano però resistenze, soprattutto da parte dei francesi, che temono l’esposizione di alcuni settori specifici alla concorrenza.

In Italia si confrontano favorevoli e contrari. Se c’è chi teme l’invasione di prodotti di qualità inferiore alla media europea, soprattutto nell’agroalimentare, nel contempo c’è chi vede con favore l’apertura di nuove prospettive per l’export italiano in territori dove siamo già presenti: dal Sudamerica importiamo principalmente prodotti agricoli (quasi la metà del totale, si pensi alle banane o ai frutti tropicali), mentre le nostre esportazioni sono trainate principalmente dai macchinari, ma anche da prodotti chimici e farmaceutici.

Secondo le stime dei favorevoli, l’accordo potrebbe far risparmiare alle imprese comunitarie almeno quattro miliardi di euro di dazi all’anno, aiutando le piccole e medie imprese a esportare di più riducendo la burocrazia.

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