martedì , Luglio 16 2024
Home / Centro studi / Aspettando il Recovery fund

Aspettando il Recovery fund

recovery fund

L’Italia è colpita, a causa della pandemìa, da una crisi economica gravissima: per dirla con un solo numero, si calcola in meno 11,2 per cento il calo di Pil nel 2020. E’ il risultato peggiore tra i Paesi europei, pur tutti colpiti: la Germania perderebbe il 6,3 per cento, Spagna e Francia – più simili all’Italia come performance negativa – rispettivamente il 10,9 e il 10,6 (fonte: Ispi, 2020).

Per ripartire è essenziale il ruolo dell’Unione europea, benché questa non sia semplicemente un bancomat, da attivare a piacimento. Certamente l’Italia è un cosiddetto “contributore netto”, cioè ha versato nel 2017, ad esempio, 12,2 miliardi di euro al bilancio, e ne ha ricevuti, a vario titolo, soprattutto fra politica agricola, fondi sociali e strutturali, 9,79 miliardi. Questo perché l’intero bilancio europeo da diversi anni prevede uno squilibrio a favore dei Paesi dell’Est (Polonia, Ungheria, Romania): è una situazione che, su scala maggiore, può essere paragonata a quella che l’Italia ha conosciuto con le politiche di sviluppo per il nostro Mezzogiorno.

Ma, com’è facile da capire, un bilancio europeo comune non è come una società per azioni, dove i soci contano per le diverse quote versate: dipende invece da scelte politiche dove tutti i Paesi europei hanno voce in capitolo. Il principale foro di decisione è il Consiglio dei capi di Stati e di governo: esiste poi il Parlamento europeo a Strasburgo, con poteri però limitati rispetto a un vero parlamento federale come il Congresso degli Usa, e una Commissione europea, che somiglia solo in apparenza a un governo europeo, anche se è composta da “ministri” (i Commissari, uno per nazione). E’ falso dire che l’Europa si sia divisa sulla solidarietà nell’emergenza, anche se nelle prime settimane della pandemìa quasi nessuno era pronto, e quindi ci sono stati momenti di difficoltà perché non c’erano scorte di materiale e c’erano idee confuse sul da farsi; ma almeno dal 7 maggio la Ue aveva pronte 1 milione e mezzo di mascherine da distribuire agli operatori sanitari, acquistandone poi per altri dieci milioni; c’è stata la cosiddetta solidarietà trasversale, con medici da Stati europei meno colpiti che si sono recati in Italia, per esempio team medici rumeni e polacchi (recentemente l’Italia ha ricambiato inviando, su richiesta europea, una squadra medica in Armenia, un Paese con una sanità molto povera esterno all’Ue ma con cui abbiamo accordi di cooperazione e assistenza).

La divisione in Europa è stata prevalentemente sulle scelte di politica economica: si è risolta con una mediazione politica, che ha visto alla fine l’Italia (con Spagna e Portogallo, il cosiddetto “partito mediterraneo”, opposto ad uno “settentrionale” di Olanda, Austria, Danimarca) sostanzialmente soddisfatta nelle sue richieste.

Il principale programma europeo si chiama “Next Generation” (“Prossima generazione”), 750 miliardi in tutto, e ha al suo centro il dispositivo di Recovery vero e proprio: 560 miliardi, di cui 310 a fondo perduto. L’Italia dovrebbe riceverne ben 173, tra prestiti e sovvenzioni.

Ci sono poi altre linee di finanziamento dentro “Next Generation”, più mirate, specialmente verso la salute e l’aggiornamento ecologico dell’economia.

Separato da “Next G”, c’è il programma Sure, fondo d’emergenza di 540 miliardi per sostenere i programmi contro la disoccupazione; c’è il cosiddetto “bazooka”, il programma di acquisto di obbligazioni nazionali da parte della Banca Centrale Europea (evitando il rischio che queste obbligazioni rimangano invendute), e c’è il Mes, Meccanismo di stabilità, che prevede un prestito conveniente per le spese sanitarie degli Stati che ne facciano richiesta. L’Italia avrà quindi accesso ad un’ampia scelta di strumenti economici anti-crisi: poiché si tratta di scelte comuni, l’Italia non potrà fare come vuole: i suoi progetti saranno condivisi con Bruxelles e discussi pubblicamente. Non è il caso di fare gli offesi: possiamo fare progetti ottimi, a prova di critica; e sarà il modo migliore per smentire la diffidenza degli austro-olandesi.

Luca Cefisi

Check Also

formazione

La formazione degli immigrati come risorsa

L’articolo di Luca Cefisi, apparso sulla rivista “Forme” n.25, pone l’attenzione sulle potenzialità dei lavoratori immigrati in …