La filiera agroalimentare estesa (agricoltura, alimentare, distribuzione, intermediazione e distribuzione) vale 586,9 miliardi di euro, l’8,4% in più rispetto al 2021 e +29% sul 2015, e genera quasi 335 miliardi di valore aggiunto, pari al 19% del Pil italiano. Sono alcuni dei dati presentati da The European House – Ambrosetti durante la presentazione dell’8a edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni” organizzato a Bormio il prossimo 7 e 8 giugno, la filiera agroalimentare estesa, inoltre, nel 2022, ha attirato oltre 25 miliardi di euro di investimenti grazie al lavoro di 3,7 milioni di addetti.
“In un contesto di crisi permanente che ci accompagna dal 2020 tra emergenza sanitaria e tensioni internazionali – ha commentato Valerio De Molli, managing partner & ceo, The European House -Ambrosetti – è la qualità della produzione agroalimentare made in Italy il fattore che ha permesso al settore di continuare a crescere: siamo il primo Paese in Unione europea per prodotti certificati (890 in totale), 326 dal mondo alimentare (valgono 8,9 miliardi di euro) e 564 dal settore vinicolo per oltre 11 miliardi di euro”.
A fine 2023 le esportazioni agroalimentari italiane (agricoltura + prodotto trasformato) hanno raggiunto il valore record di 62,2 miliardi di euro, in media una crescita del 6,4% all’anno dal 2010 ad oggi e un incremento del 69% rispetto al 2015. Il settore del food and beveragecontribuisce per 53,4 miliardi di euro, mentre il comparto agricolo vale 8,8 miliardi di export. Numeri che posizionano oggi l’agroalimentare come primo settore manifatturiero in Italia per valore aggiunto generato con oltre 66 miliardi, più della produzione di macchinari e apparecchiature (43) e prodotti in metallo (37). Rispetto al Pil i 37 miliardi generati dall’agricoltura e i 29 da alimentare e bevande rappresentano il 3,8%, più di Germania (2,6%) e Regno Unito (2,1%), ma meno di Francia (4,5%) e Spagna, il paese con l’incidenza più alta: 5,2%.
Nonostante un lieve calo delle esportazioni dello 0,8%, il vino si conferma nell’ultimo anno il primo prodotto agroalimentare più venduto all’estero (7,8 mld euro) con una quota del 12,5% sul totale export agrifood. Alle spalle ci sono altri prodotti in buona crescita: i lavorati a base di farine, tra cui la pasta, che valgono 6,9 miliardi di fatturato all’estero, hanno registrato un +7,9% e hanno sorpassato i prodotti lattiero-caseari che si fermano a 6 miliardi (in crescita del 7,1%) oltre che frutta e vegetali trasformati (5,7 miliardi e crescita a doppia cifra nell’ultimo anno: +11,1%). L’export italiano è da primato mondiale per diverse categorie di prodotto: siamo primi per quota di mercato di pasta (45%), amari e distillati (42%), passata di pomodoro (27%), castagne (23%) e verdure lavorate dove l’Italia guida il mercato con il 20% di quota. La Penisola è anche al secondo posto nel mercato globale del vino (20%) dopo la Francia, della farina di riso (20%), delle nocciole (15%), delle mele (13%) e dei kiwi (12%). “L’Italia – ha sottolineato Benedetta Brioschi, partner The European House-Ambrosetti anticipando alcuni temi che saranno discussi all’8o Forum Food&Beverage di Bormio – oltre a essere tra i maggiori esportatori di prodotti agroalimentari è il primo Paese per valore unitario del prodotto che esporta tra i competitor europei: se nel 2023 il valore medio di un prodotto italiano è di 244 euro per 100 chilogrammi, i prodotti spagnoli si fermano a 210 euro, quelli tedeschi a 168 euro per quintale e i francesi a 135 euro”.