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Enoturismo 4.0, il Centro studi sul turismo del vino e dell’olio alla Lumsa di Roma

olio

Aprirà all’interno dell’Università Lumsa il Centro studi sul turismo del vino e dell’olio, con l’obiettivo di formare giovani capaci di trasformare l’evoluzione del turismo del vino e dell’olio in sviluppo sostenibile. L’enoturismo è oggi una realtà che coinvolge almeno 15 milioni di turisti che scelgono di trascorrere una o più giornate nelle aree vinicole del nostro Paese, visitando cantine e partecipando a eventi e incontri con i produttori.

L’idea di questo specifico Centro studi nasce dalla rilevazione, negli ultimi dieci anni, dell’impennata, in investimenti e business, delle wine destination. Accelerazione registrata con chiarezza da Nomisma – Wine Meridian nell’indagine effettuata nel 2023 su 265 cantine e 145 città del vino. I dati sono pubblicati nel manuale “Enoturismo 4.0” firmato da Donatella Cinelli Colombini, produttrice di Brunello di Montalcino e ideatrice del Movimento turismo del vino e di Cantine aperte insieme a Dario Stefàno, condirettore Master food & wine management e docente in Tourism Management all’Università Lumsa e padre della normativa nazionale su enoturismo e oleoturismo.

Come si legge nel manuale “Va sottolineato che la stragrande maggioranza delle cantine turistiche sono piccole: il 29% ha un business inferiore a mezzo milione di euro e il 30% sta fra lo 0,5 e i 2,5 milioni di fatturato. La divisione delle cantine in 6 tipologie, basate sul loro profilo caratterizzante, riconferma questa caratteristica. Il 39% delle cantine si definisce infatti “piccola e con accoglienza familiare” seguono quelle con rilevanza storica, i marchi famosi, quelle con bellezze paesaggistiche o che puntano sull’organizzazione di incoming e sull’innovazione (tutte fra il 14 e l’11% del totale). Nonostante la loro piccola dimensione, o forse proprio per quella, le imprese del vino, negli ultimi 10 anni hanno investito massicciamente sull’incoming turistico. Esso genera tra il 6 e il 14% del giro d’affari delle cantine ma in termini di marginalità vale il doppio. Oltre a costruire punti vendita e sale da degustazione troviamo il 72% che offre pranzi e fra loro un terzo ha il ristorante. Il 32% delle cantine turistiche offre anche pernottamenti. Contemporaneamente il turismo ha creato un’economia parallela in molte delle città del vino dove un terzo degli occupati e del Pil dipende dai viaggiatori. Questo spiega perché luoghi come Barbaresco o il vicino comune di Treiso sono fra quelli dove la media delle dichiarazioni Irpef è più alta”.

I due autori individuano però anche un grosso freno a questo trend di crescita, ovvero la mancanza di manodopera formata e capace di dare slancio a imprese e territori. “Il 44% delle cantine e quindi delle città del vino – viene sottolineato nel manuale – sono fuori dai flussi turistici e enoturistici. Si tratta soprattutto delle zone interne verso cui, invece, bisognerebbe spingere una parte dei visitatori che sovraccaricano alcune destinazioni come Venezia, Firenze, Roma, creando il cosiddetto overtourism che genera crescenti disagi alla popolazione con un effetto inverso sulla sostenibilità economica. Per decentrare i percorsi di viaggio verso i territori del vino servirebbe personale formato in uffici turistici, assessorati e Strade del vino, ma non c’è. Nelle cantine i problemi sono diversi ma altrettanto seri: Il 74% ha difficoltà a reperire personale formato con una punta oltre il 90% in Veneto. Le imprese del vino fanno fatica a diversificare le proposte e nella stragrande maggioranza offrono, con piccoli distinguo, la visita guidata con la spiegazione dei processi produttivi e un piccolo assaggio. Per questo il 65% degli enoturisti dice che le cantine sono tutte uguali e il rischio che l’enoturismo venga a noia è dietro l’angolo perché il turista è un amante infedele. Inoltre le imprese non riescono a trasformare i visitatori in clienti abituali come avviene invece in California e infatti il 52% delle cantine vorrebbe assumere ma non riesce a trovare persone competenti in marketing enoturistico”.

In relazione al bisogno di addetti competenti, è utile sottolineare che i turisti mondiali sono sempre più interessati all’enogastronomia tipica e meno formati sull’arte e la storia, per cui hanno bisogni diversi dal passato. Per questo l’enogastronomia sta rubando all’arte il podio della prima motivazione di viaggio verso l’Italia. Ma nonostante questo, nel programma didattico degli Istituti turistici, presenti in tutte le provincie italiane, ci sono 66 ore all’anno di arte e territorio e zero ore su wine and food.

Questa è la sfida formativa, condivisa dagli autori del manuale e da un ateneo come Lumsa, da cui si parte per la costituzione di un Centro studi sul turismo del vino e dell’olio.

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