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In attesa delle Europee

Domenico MamoneLa nuova ed estesa stagione politica, dopo la benedetta pausa estiva, sarà caratterizzata, oltre che dalle roventi questioni finanziarie, dalla lunga campagna elettorale per le elezioni europee, che si terranno dal 23 al 26 maggio in 27 Paesi. Un appuntamento sicuramente cruciale per i destini del nostro continente.

Innanzitutto la tornata elettorale sarà la prima senza il Regno Unito. Si libereranno 73 seggi, di cui 27 saranno ridistribuiti (tre in più all’Italia), gli altri 46 annullati. In totale, quindi, bisognerà eleggere 705 eurodeputati (erano 751 nel 2014).

Il secondo punto riguarda l’affluenza, in costante calo dal 1979. Da allora è franata di quasi venti punti (dal 62 al 42,6 per cento), con differenze molto marcate tra i diversi Stati (si va dal 13 per cento della Slovacchia e dal 18,2 per cento della Repubblica Ceca all’85,5 per cento del Lussemburgo fino all’89,6 per cento del Belgio). La decrescente partecipazione al voto può essere letta sia con il diffuso distacco dalla politica in genere, che trova conferma nelle consultazioni nazionali e locali nei singoli Paesi, ma – questo il dato politico – con la progressiva indifferenza (a cui si aggiunge l’ostilità) verso le istituzioni comunitarie.

Del resto, nonostante il Parlamento e il Consiglio dell’Unione europea promuovano continue campagne di comunicazione per sensibilizzare i cittadini all’attività comunitaria, l’euroscetticismo è in salita e le tematiche europee trovano poco spazio nel dibattito pubblico. Anche l’abituale ricerca condotta da Eurobarometro fa emergere una percentuale ragguardevole di delusi.

C’è quindi un terzo punto, di natura politica: tutti i sondaggi prevedono un forte calo delle forze tradizionali, in particolare di socialisti e popolari, e una crescita delle formazioni populiste e sovraniste. La rilevanza di queste tendenze potrebbe provocare un vero e proprio terremoto nei Palazzi comunitari.

Attualmente socialisti e popolari godono del 54,3 per cento delle preferenze. La disgregazione di questo consenso aprirà certamente nuovi scenari, rendendo più complessa la governabilità della macchina europea. In particolare potrebbero crescere le formazioni cosiddette “populiste”, come Enf ed Efdd (attualmente al 10,6 per cento), ma anche l’Alde (al 9 per cento) e la sinistra antagonista. Va tenuto presente, infine, che nei gruppi politici tradizionali sono inserite anche forze anti-europeiste, è il caso del partito dell’ungherese Orban che fa parte dei popolari. Insomma, la decomposizione potrebbe essere accentuata da disgregazioni interne.

Il rilancio dei valori europei, oltrepassando istituzioni caratterizzate per lo più da logiche monetarie e da strutture veteroburocratiche, si rende pertanto necessario per non mettere a rischio i sani principi della collaborazione e della solidarietà tra Stati.

(Domenico Mamone)

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