Di “fintech”, cioè di digitalizzazione del sistema bancario e finanziario, si parla da tempo. Le nuove tecnologie, prepotentemente entrate in tutti i settori della nostra esistenza quotidiana, non potevano certo tralasciare il mondo finanziario. Una buona parte delle start-up punta proprio sui servizi finanziari tecnologici per sfidare le aziende tradizionali e ritagliarsi un proprio spazio di business. Gestione dei pagamenti, cambi, raccolte di fondi e di dati ne sono già permeati. Le sfide più controverse sono quelle che riguardano le nuove monete digitali, le cosiddette “criptovalute” come ad esempio la Bitcoin, nata nel 2009 ed oggi emblema della globalizzazione e del futuro.
Il “fintech”, al centro di crescenti analisi, sta investendo anche i consumatori, mirando a rendere più semplici accesso e fruizione di servizi e, almeno nelle intenzioni, a garantire una maggiore trasparenza.
Una rilevante area di questo mondo digitale, quello dei pagamenti elettronici, potrebbe innescare profonde trasformazioni. Svilupperà certamente nuovi e, per certi versi, imprevedibili business: saranno certamente favorite le realtà più strutturate (come Amazon, Facebook, Google, ecc.), ma anche piccole imprese altamente innovative potranno dire la loro. E, come per tutti i radicali cambiamenti, dall’alto si dibatte sull’esigenza di nuove regole che accompagnino i processi in corso.
In questo senso, entro il 13 gennaio 2018 gli Stati comunitari, Italia compresa (dove c’è già uno schema di decreto legislativo), dovranno recepire all’interno dei propri ordinamenti l’intervento 2015/2366 dell’Unione europea, noto con l’acronimo “PSD2” (Payment Service Directive 2). Si tratta di una direttiva che mira principalmente a regolamentare un mercato sempre più complesso, formato da prestatori di servizi di pagamento e da soggetti scarsamente o per nulla regolamentati.
La Banca centrale europea già da settembre ha varato delle linee guida in materia di finanza innovativa.
Non mancano previsioni radicali. Qualcuno, a fronte del denaro in mobilità grazie agli smartphone, prevede la fine delle carte di credito e dei bancomat, con le banche tradizionali sempre più in difficoltà. Sia perché verrebbe ridimensionato il proprio ruolo, comprese le esose commissioni economiche, sia perché verrebbe meno la miniera di dati dei propri correntisti, nuovo patrimonio delle aziende innovative. E in effetti, sin da quando alcune esponenti politici, anche in sede europea, hanno benedetto i passi in avanti sul fronte del mercato unico digitale, gli istituti di credito hanno avuto atteggiamenti non proprio collaborativi.
Il futuro – quale futuro? – è già iniziato.
(Domenico Mamone)