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Corte Costituzionale: per autonomia occorrono le risorse necessarie

“Penso che ci dovremmo tenere la Costituzione così com’è”. E’ quanto sostiene il presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, nel presentare la relazione annuale della Consulta. “E’ un orologio ben congeniato – aggiunge – non è che il primo che arriva può cambiare una rotellina, poi l’orologio non funziona più”. In sostanza il presidente sostiene la necessità di riflettere quando si intende cambiare parti della Costituzione, in quanto “è un meccanismo delicato e incidendo sulla sua organizzazione si rischia di mettere in discussione i diritti”.
Non è un discorso che riguarda la riforma dell’autonomia differenziata, precisa Lattanzi, “la mia opinione è generale non su specifiche proposte. Ormai sono più di 20 anni che se ne parla, ci sono state due leggi sottoposte al referendum per fortuna abortite. Probabilmente una parte di quelle persone che l’hanno proposto le modifiche sono contente che non siano state accolte. La nostra Costituzione non è che puo’ essere cambiata di volta in volta”.
Per il presidente della Consulta, “occorre un evento analogo a quello che portò alla Costituente per poter dire che la Costituzione va cambiata. Secondo me gli italiani, con il referendum, lo hanno capito meglio dei politici. La Costituzione è una cosa che sta lì, cambiarla vuol dire farne venire meglio il senso e il valore profondo. Proporre modifiche continue è un vizio che già abbiamo con le leggi ordinarie”.
“L’autonomia regionale – spiega ancora Lattanzi – può svolgersi compiutamente solo se è in grado di disporre delle risorse economiche necessarie all’espletamento delle funzioni di competenza e a condizione che esse siano attribuite secondo modi e tempi che permettono una idonea programmazione della spesa”.
Sull’autonomia Lattanzi ha anche svolto una serie di considerazioni sui contrasti tra Stato e Regioni sottoposti all’esame della Corte che “continuano ad affluire secondo tassi piuttosto stabili” e comunque “lontani dal numero elevato riscontrato negli anni 2012 e 2013, in cui avevano sopravanzato i giudizi in via incidentale”, cioè quelli proposti nell’ambito dai giudici comuni nell’ambito di un procedimento. La diminuzione è legata anche “all’azione chiarificatrice svolta dalla Corte in oltre un quindicennio dall’entrata in vigore della revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione”, riforma che aveva prodotto “gravi incertezze”.
Inoltre “la Corte ha anche ribadito – sottolinea Lattanzi – che le misure di contenimento della spesa pubblica indirizzate al sistema regionale devono presentare un carattere necessariamente temporaneo”.
“Nel contempo, – rileva Lattanzi – sul versante dei bilanci regionali più volte la Corte ha messo in luce l’importante collegamento tra il principio di rendicontazione e quello di rappresentanza democratica, e ha osservato che la funzione dei bilanci e dell’obbligo si “rendere il conto” risiede essenzialmente nell’assicurare ai membri della collettività la cognizione delle modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti da chi è titolare del mandato elettorale (sentenze n. 184 del 2016 e n. 228 del 2017). Così con la sentenza n. 49 del 2018 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 81 Cost., dell’intera legge della Regione Abruzzo n. 16 del 2017 di approvazione del rendiconto generale del 2013. La sentenza ha osservato che «la trasparenza dei conti risulta elemento indefettibile per avvicinare in senso democratico i cittadini all’attività dell’Amministrazione, in quanto consente di valutare in modo obiettivo e informato lo svolgimento del mandato elettorale, e per responsabilizzare gli amministratori, essendo necessariamente servente al controllo retrospettivo dell’utilizzo dei fondi pubblici».
(Gia.Cas.)

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