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Che fine ha fatto la Grecia?

Domenico MamoneLa Grecia è stata a lungo l’emblema della crisi. Specie per noi italiani. Perché in fondo condividiamo tante cose con la penisola ellenica. Quanta storia comune (e, soprattutto, che storia). Il fascino dell’ambiente mediterraneo, che richiama frotte di stranieri soprattutto dal Nord Europa. Ma anche le inguaribili “cattive abitudini” che hanno concorso non poco a farci ritrovare in un mare di problemi sociali, dalla montagna del debito pubblico ad un’evasione fiscale record.

Di Grecia s’è parlato tanto all’inizio della crisi. Numerose e dettagliate le analisi, divise tra un diffuso solidarismo verso il popolo greco – in genere di marca euromediterranea – e l’immancabile cinismo nordeuropeo, della serie “se la sono cercata”.

Alle nostre latitudini, infatti, non mancano coloro che individuano cause esterne di matrice comunitaria, cioè i tedeschi, l’euro, le banche, la finanza internazionale. E c’è persino chi funestamente preconizza un nostro graduale e doloso scivolamento verso la situazione ellenica. Più a nord il mantra è, invece, che i greci c’hanno messo del loro, con un pubblico impiego utilizzato come una panacea o con la previdenza da Nababbi tra baby pensionati e una pioggia di assegni di reversibilità o d’invalidità.

Il caso della Grecia è finito in documentari di successo (come “Debtocracy” del 2011, dove si sostiene che il debito pubblico non andrebbe pagato perché contratto contro gli interessi dei cittadini) o in film di livello, come quello che sta girando Costa-Gravas utilizzando il libro del vulcanico economista (e politico) Yanis Varoufakis.

Ma oggi la moribonda Grecia come sta? Qual è il suo stato di salute dopo il più grande tentativo di salvataggio finanziario della storia? Che effetti hanno avuto le “cure internazionali” – con la Troika in prima fila – fatte di salassi lacrime e sangue per tagliare gli sprechi e imporre sacrifici (riduzione dei salari pubblici tra il 10 e il 40 per cento, riforma delle pensioni, aumento dell’Iva) e di iniezioni da 326 miliardi di euro complessivi? La notizia è che dovrebbe stare un po’ meglio, se è vero che lo scorso 19 febbraio l’agenzia Fitch – sempre queste poco amate agenzie come termometro – ha elevato il rating del paese da B- a B con outlook positivo.

Sembrerebbe, insomma, che dopo il drammatico crollo continuo, ci sia un po’ d’inversione di tendenza. La disoccupazione, ad esempio, è scesa dallo spettrale 27,9 al meno pesante 21,7 per cento (era al 12,7 per cento nel 2010). Il Pil è tornato a crescere: il governo prevede un più 2,5 per cento per il 2018, quindi addirittura meglio dell’Italia. Anche se il debito pubblico rimane altissimo – intorno a quota 180 per cento – è comunque in leggera flessione.

Certo, la “ripresina” trova il Paese in macerie. La percentuale di popolazione in povertà assoluta è al 22,4 per cento, più o meno il doppio di quella all’inizio della crisi. Negli ultimi otto anni il calo medio del reddito familiare è stato del 27 per cento. Ben mezzo milione di persone ha lasciato il Paese per cercare fortuna altrove. E meglio di tanti numeri ha mostrato la realtà un bel documentario che ha seguito una piccola impresa fornitrice di gasolio per riscaldamento nel giro tra famiglie disperate. Ma, dopo tanto penare, la lucina in fondo al tunnel accende più di qualche speranza.

A livello politico, colpisce che a “fare i compitini” imposti dalla Troika sia stato proprio un leader di estrema sinistra come Alexis Tsipras, che di liberale ha sinceramente poco. Probabilmente il senso di responsabilità per il Paese – e quindi una sorta di patteggiamento rispetto al braccio di ferro con i poteri internazionali – ha prevalso rispetto ad una situazione onestamente senza via d’uscita. Se il leader riuscirà davvero nell’impresa di far uscire il Paese dalla lunghissima crisi, avrà probabilmente gli onori della storia. Ma per ora, a causa delle misure impopolari, attende l’amaro responso delle urne, elezioni previste a fine anno o nel 2019. Probabilmente dimezzerà i voti. E’ il paradosso di governare senza clientele. I numeri della Grecia stanno un po’ meglio, ma il bilancio familiare dei greci un po’ meno.

(Domenico Mamone)

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