Un tempo si sarebbe detto che della morte della tredicenne Aurora Tila a Piacenza, volata giù da un balcone probabilmente per mano dell’ex fidanzato 15enne, un po’ di colpa sia da ascrivere alla società nel suo complesso. Un’accusa troppo generica, forse. Ma, a ben vedere, c’è da riflettere su quei fattori “sociali” che accomunano i troppi – e sempre più frequenti – “femminicidi” che vedono gli adolescenti quali vittime e carnefici.
Un elemento che si ripete, ad esempio, è la forzata “adultizzazione” delle nuove generazioni. Una pratica ossessiva e schizofrenica. Ormai i consumi tendono a livellare e ad uniformare, nelle differenti fasce d’età, comportamenti, atteggiamenti, condotte, contegni. Anche i sentimenti ne risultano alterati. Mentre gli adulti mirano ad “eternizzare” la fase giovanile, i giovanissimi precorrono i tempi in maniera spesso innaturale e drammatica. Sono principalmente il narcisismo, la vanità, l’estetica, a trovare, soprattutto nei social e nella tv-spazzatura, l’ideale compimento. E, di conseguenza, sono prevalentemente l’orgoglio e l’egocentrismo feriti dalla fine non accettata di una storia precoce a muovere la mano assassina di ragazzi che includono la propria partner tra gli “oggetti di consumo” quotidiano. Tanti rapporti, nei tempi odierni, sono la risposta alle sempre più estese solitudini: un “basta” detto da una ragazzina fa ripiombare l’ex fidanzatino nella segregazione.
Il caso di Filippo Turetta e Giulia Cecchettin, con la sua potenza mediatica, è destinato quindi – purtroppo – a ripetersi. Con protagonisti anche più giovani. Serviranno a poco le campagne di sensibilizzazione se non si prende coscienza che da anni c’è un’enorme emergenza che investe le nuove generazioni, vittime di disvalori che stanno intossicando i loro anni più belli.