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Da Tianjin un monito all’Occidente

Il summit di Tianjin, che si è concluso ieri con la partecipazione di 27 Paesi tra cui Cina, India, Russia, Iran, Pakistan, Egitto, Vietnam e Indonesia, conferma come l’ordine mondiale sia in via di ridefinizione. Con l’Occidente sempre meno protagonista e l’Europa sempre più marginalizzata.

È sufficiente comparare le quote di Pil conquistate da questo nuovo blocco negli ultimi tre decenni, a scapito principalmente di Stati Uniti ed Europa, e affiancare il dato all’entità della popolazione rappresentata al summit, per rendersi conto di come in particolare la Cina sia non soltanto una potenza economica e tecnologica inarrestabile, ma anche un attore politico e diplomatico che ormai guida buona parte degli equilibri mondiali.

Non a caso il suo leader, Xi Jinping, nel corso del summit ha parlato di “multilateralismo più equo e più giusto”, rifiutando “logiche egemoniche, bullismo e la mentalità da guerra fredda” della contrapposizione tra blocchi, con chiaro riferimento ad Usa e Occidente.

La Cina si presenta ormai come alfiere del “libero mercato”, in alternativa agli anacronistici dazi di Trump. Si dimostra particolarmente sensibile al problema del cambiamento climatico e attenta alle nuove tecnologie (ad esempio, la decisione di creare un centro di cooperazione sull’intelligenza artificiale, di spingere il proprio sistema satellitare Beidou e di investire in un ambizioso programma spaziale non lascia dubbi). Si mostra come partner affidabile e solidale per sempre più Paesi, dall’Asia all’Africa, anche attraverso sovvenzioni e investimenti, vedi “Via della seta” che più di un analista legge come nuova colonizzazione. Si conferma interprete del nuovo multipolarismo.

La Sco, l’organizzazione per la cooperazione di Shanghai che dalle sei nazioni originarie polarizza nuovi membri permanenti e partner, è lo strumento che conquista territori in tutto il mondo nel nome di uno sviluppo adeguato ai tempi.

Questa condizione dovrebbe spingere l’Occidente ad interrogarsi sui tanti errori economici e politici compiuti negli ultimi anni. Dalle disastrose operazioni militari in Iraq, Afganistan, Libia fino alle controproducenti politiche di austerità e ai disastri finanziari che hanno determinato, tra l’altro, la crisi dei subprime del 2008. La gestione comunitaria del conflitto in Ucraina di fatto ha avvicinato Vladimir Putin a Xi Jinping e a Narendra Modi, rafforzando il blocco anti-occidentale.

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