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Il governo del compromesso

Un’operazione di grande equilibrismo e di abile compromesso tra tante e differenti forze politiche ed accademiche. Una miscela di continuità e discontinuità, di ruoli-chiave e comprimari, di novità e ritorni in scena.

Mario Draghi ha ufficializzato la lista dei ventitré ministri. Quindici sono i politici, assicurati alle forze parlamentari con un perfetto Manuale Cencelli. Una folta rappresentanza, soprattutto numerica, proprio per avere meno criticità possibili sul fronte più problematico, quello dei partiti. Otto i tecnici, tutti nei ruoli-chiave: dall’ex Ragioniere dello Stato Daniele Franco, fedelissimo del premier, alla guida dell’Economia, al supermanager Vittorio Colao all’Innovazione; dall’ex presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia alla Giustizia al fisico Roberto Cingolani alla Transizione ecologica. L’Istruzione a Patrizio Bianchi. E l’Università a Cristina Messa.

Alla politica le caselle di maggior peso vanno a Giorgetti (Lega) con lo Sviluppo economico, a Orlando (Pd) con il Lavoro (ex alla Giustizia), a Patuanelli (M5S) con l’Agricoltura e a Speranza (Leu), riconfermato alla Salute. La continuità con il Conte II è anche nella conferma della Lamorgese all’Interno.Di Maio agli Esteri sarà stavolta oscurato dalla fama internazionale del premier, mentre per Brunetta alla Pubblica amministrazione è un ritorno e una scelta indicativa del nuovo percorso, una designazione che sta già creando non pochi mal di pancia tra i pubblici dipendenti. “Spacchettati” i Beni culturali tra la Cultura (Franceschini al suo quarto governo) e Garavaglia (Turismo).

Un governo certamente “migliore” per qualità complessiva, di maggior peso grazie all’autorevolezza e alla credibilità del premier e dei suoi più stretti collaboratori, ma anche alla maggioranza decisamente più ampia e al ruolo di Mattarella.

Per la politica è soprattutto una grande occasione per “rifarsi una verginità”, dopo le prove non proprio esaltanti delle ultime stagioni. I partiti dispongono oggi di un quadro ideale per contribuire al rilancio del Paese e riconquistare la fiducia del cittadino-elettore, lasciando da parte le immancabili tentazioni dei personalismi. Sarà soprattutto l’interesse nazionale a dover essere anteposto a quello “di bottega”.

In agenda c’è una grande sfida, il piano vaccinale, e un’enorme opportunità, i soldi del Recovery. Mario Draghi è un abile timoniere: chi gli remerà contro, stavolta, dovrà passare sotto le forche caudine dell’opinione pubblica.

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