
Pur in un contesto di risorse necessariamente contenute, principalmente a causa degli interessi sul debito pubblico italiano che hanno raggiunto 85,6 miliardi di euro, pari al 3,9% del Pil (dato Censis), la Legge di Bilancio 2026 ha il merito di ben distribuire e di ottimizzare i fondi in particolare per sostenere il sistema produttivo e il ceto medio, due pilastri per la tenuta economica e sociale del nostro Paese.
Sul fronte delle imprese, la Manovra 2026 stanzia 13 miliardi, quindi più della metà dell’intera manovra che impegna complessivamente circa 22 miliardi di euro. Va, pertanto, dato merito all’esecutivo di sostenere principalmente chi crea lavoro, benessere e ricchezza, privilegiando misure orientate a investimenti, occupazione e crescita, e contenendo – per quanto possibile – interventi a bassa capacità di generare sviluppo e nuova occupazione.
Spicca innanzitutto, anche grazie all’intervento correttivo finale del Governo (circa 3,5 miliardi), l’estensione fino al 30 settembre 2028 del cosiddetto “iperammortamento”, cioè le agevolazioni per le imprese che investono in beni strumentali, nuovi materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica o digitale in chiave Transizione 4.0 o 5.0. Provvedimento sacrosanto per sostenere l’ammodernamento del nostro tessuto produttivo, anche in chiave di internazionalizzazione e di competizione globale.
Nel dettaglio, la maggiorazione è pari al 180% per investimenti fino a 2,5 milioni, al 100% oltre 2,5 e fino a 10 milioni, e al 50% oltre 10 e fino a 20 milioni, per investimenti effettuati dall’1 gennaio 2026 al 30 settembre 2028, riferiti a beni prodotti in UE/SEE.
Altre risorse (1,3 miliardi) sono destinate al credito d’imposta Transizione 4.0, i cui fondi sono andati esauriti, e 532,64 milioni per le aziende che hanno fatto domanda per il credito d’imposta per la Zes unica. Non risultano confermate alcune agevolazioni specifiche per gli investimenti “green”, scelta che ridisegna le priorità degli incentivi rispetto alle annualità precedenti.
Per le imprese viene inoltre prevista una ritenuta d’acconto su specifiche tipologie di pagamenti, con aliquota dello 0,5% dal 2028 e dell’1% dal 2029.
Giudichiamo positivamente anche l’estensione ai contratti rinnovati nel 2024 dei benefici della tassazione agevolata al 5% sugli incrementi retributivi corrisposti dal primo gennaio 2026, con platea di beneficiari ampliata ai redditi fino a 33mila euro, misura che aumenta il potere d’acquisto dei lavoratori e incentiva una contrattazione più responsabile.
Per quanto riguarda la Tobin Tax, da gennaio l’aliquota dell’imposta sulle transazioni finanziarie transita dallo 0,1 allo 0,2%, se la cessione avviene su mercati regolamentati, e dallo 0,2 allo 0,4% negli altri casi. Sale dallo 0,02% allo 0,04% l’aliquota sulle negoziazioni ad alta frequenza.
Prorogata, inoltre, nel 2026 l’esenzione del 50% dei dividendi corrisposti ai lavoratori e derivanti da azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato entro il limite di 1.500 euro annui.
Rilevante anche il tema dei dividendi nelle holding: l’accesso al regime di esclusione è previsto soltanto in presenza di una partecipazione diretta superiore al 5% del capitale oppure di valore fiscale superiore a 500 mila euro.
Sul fronte del lavoro, aumentano i tagli all’anticipo pensionistico per i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno raggiunto almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età. Il taglio ammonta a 20 milioni dal 2027, a 60 milioni dal 2028 e a 90 milioni dal 2029 al 2032, mentre per il 2033 la riduzione sarà di 140 milioni di euro e 190 milioni dal 2034.
Stop alla possibilità di accedere alla pensione anticipata di vecchiaia cumulando la rendita dei fondi complementari.
Ancora: viene previsto un progressivo ampliamento dell’obbligo di versamento del TFR al Fondo di tesoreria INPS, con estensione delle platee interessate e abbassamento della soglia dimensionale a partire dal 2032 (fino a includere le imprese con almeno 40 dipendenti). È inoltre prevista l’adesione automatica alla previdenza complementare per i neoassunti del settore privato dal 1° luglio 2026. Entro sessanta giorni dall’assunzione il lavoratore può comunque optare per la rinuncia all’adesione automatica.
Materia lavorativa e imprenditoriale è quella dei cosiddetti “affitti brevi”, con tanti cittadini che mettono a rendita uno o più immobili, favoriti dal boom turistico del dopo pandemia. Qui non sono mancate le polemiche, specie quando sembrava che la cedolare secca sugli “affitti brevi” dovesse aumentare al 26%: considerata anche l’estesa platea dei locatori/host che hanno trovato in questa attività un’integrazione di reddito. La Legge di Bilancio 2026 ha lasciato la percentuale del 21% per il primo immobile, mentre sale al 26% sul secondo e dal terzo scatta l’attività di impresa.
Al di là delle misure riguardanti le imprese, tra i provvedimenti centrali del disegno di legge vi è la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 50mila euro. La diminuzione delle tasse è sempre un’azione salutare per il cittadino, specie in un Paese come il nostro che è alle prime posizioni nel mondo per tassazione complessiva.
Prevedibili, quindi, alcune letture polemiche che leggono il provvedimento come un regalo alle classi più abbienti. In realtà la riduzione dell’aliquota dal 35 al 33 per cento, come ricorda l’economista Luigi Marattin, interessa “i due quinti più ricchi della distribuzione Irpef”, che partono “da chi guadagna 1.900 euro lordi al mese, cioè circa 1.400 netti”. Negli altri tre quinti sono compresi quelli che dichiarano meno di 28/29mila euro. Costoro possono davvero essere definiti “ricchi”?
Occorre ricordare che Draghi, con un Governo che inglobava buona parte delle attuali opposizioni di sinistra, portò dal 38 al 35 per cento la fascia superiore, allora con un beneficio massimo di 765 euro, contro i 440 di oggi. Anche allora non mancarono critiche: un confronto serio dovrebbe partire dai numeri e dagli effetti reali.
Altre polemiche interessano la nuova stagione di pace fiscale. Con la cosiddetta “rottamazione quinques”, nell’arco di nove anni, con 54 rate bimestrali, sarà possibile rottamare le cartelle del periodo compreso tra il 2000 e il 2023 derivanti dall’omesso versamento di imposte o contributi previdenziali. Il tasso di interesse sulle rate sarà al 3%. È anche questo un “regalo”, come ripete qualcuno, o piuttosto un aiuto a chi ha avuto fasi di difficoltà operative?
Tra gli altri provvedimenti:
• sale al 12,5% l’aliquota sulla polizza Rc auto per i rischi di infortunio al conducente e rischi di assistenza stradale per i contratti assicurativi stipulati o rinnovati a decorrere dal primo gennaio 2026;
• sale a 200mila euro il limite del valore della casa per l’esclusione dall’Isee per le abitazioni delle famiglie residenti nelle città metropolitane (Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Sassari);
• previsto un voucher da 1.500 euro per i figli alle scuole private medie o liceo per le famiglie con Isee entro i 30mila euro;
• scatta il contributo di due euro sui pacchi postali in arrivo da paesi extra comunitari di un valore entro i 150 euro.
Argomento caldo resta quello delle pensioni. Il tema pensionistico resta strutturale: l’equilibrio del sistema è sotto pressione per dinamiche demografiche e occupazionali. In questo quadro, intervenire in modo profondo sulla disciplina vigente è complesso e richiede scelte graduali e sostenibili. Per ora è previsto l’aumento di un mese dell’età pensionabile nel 2027 e di due mesi nel 2028, quindi un parziale congelamento per i tre mesi in più previsti già dal 2026.
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori

