Domenico Mamone – Presidente dell’Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
Abbiamo volutamente preso una pausa di riflessione dopo la strage di Bruxelles. Siamo rimasti per due giorni in silenzio. Era giusto unirsi al coro del cordoglio e del dolore, a nome di tutti i nostri associati e operatori, ma non volevamo ripetere frasi di circostanza, sia pure sincere, ma scontate. A volte, di fronte alla stupidità della violenza, è meglio la dignità del silenzio. Assieme al cordoglio per le vittime, possiamo esporre a mente fredda una riflessione: che sarà improntata, nonostante tutto, all’ottimismo e alla volontà di fare, crescere, andare avanti. Come operatori economici, viviamo nel mercato comune europeo, nella realtà dell’integrazione economica e finanziaria; come cittadini, vediamo che l’integrazione dei servizi di sicurezza e di intelligence è ancora lontana. Tra Bruxelles, Parigi e le frontiere tedesche e olandesi ci sono pochi minuti d’automobile e circa un’ora di volo economico per Milano, ma diversi e mal coordinati sistemi di controllo e di prevenzione. C’è bisogno di più Europa, anche sul versante della sicurezza: intervenire prima e meglio, unendo le risorse, le banche dati, le informazioni. Deve venire il giorno di una polizia e di un esercito europeo: protestiamo contro la conservazione, la tutela di interessi burocratici e di parte, una certa pigrizia non più ammissibile. Si può, e si deve, proteggere meglio le nostre città. I popoli d’Europa devono anche essere sempre più uniti di fronte al terrore: aziende e agenzie di formazione sono anche in prima linea per l’integrazione sociale e lavorativa. Questo non combatte in modo diretto il terrorismo, che è figlio in primo luogo di una ideologia dell’odio, e non necessariamente di condizioni di emarginazione, ma sostiene l’unità e l’armonia delle nostre società. Non diciamo, cioè, che l’integrazione lavorativa e sociale degli immigrati li tenga lontani dal terrorismo, tesi addirittura offensiva per i milioni di lavoratori stranieri che affrontano ogni giorno con noi la fatica e i rischi del lavoro, compreso il rischio di disoccupazione o di fallimento commerciale; ma che maggiore coesione sociale ci rende più forti contro un nemico che, a ben vedere, ha fatto più vittime tra i musulmani e gli arabi che tra ogni altra fede e nazione. Dopo la pausa della Santa Pasqua, siamo tornati ai nostri posti di lavoro: continueremo a lavorare per fare dell’Europa il continente più sicuro, libero e ricco, e lo faremo assieme ai nostri colleghi di tutto il mondo che, giunti in Italia per lavorare, europei e asiatici e americani, ebrei e musulmani e cristiani, con noi condividono la vita quotidiana. Non dobbiamo farci prendere dal terrore: continueremo a viaggiare, a uscire. Sappiamo che fermare un fanatico con la bomba nella valigia è quasi impossibile, ma non per questo moltiplicheremo l’effetto della sua follìa di un giorno chiudendoci in casa per mesi. Da tempo scriviamo che la ripresa economica, prima ancora che ingegnerie finanziarie e un rigore di bilancio sovente ideologico e punitivo, richiede fiducia, ottimismo, speranza. L’Istat, che tutto misura (e non sto facendo dell’ironia, si tratta infatti di elementi reali, che contano e pesano), ci consegna anche i dati sulla fiducia delle imprese e dei consumatori: andiamo così così, l’indice statistico segnala un leggero incremento della fiducia dei consumatori e un po’ meno fiducia nelle aziende. Per l’Istat, quello che manca ancora sono segnali forti sulla disoccupazione, per le famiglie, e sulla ripresa degli ordini, per le imprese. Apprezziamo lo sforzo del governo, che sta cercando di non alzare l’Iva, nonostante le pressioni in questo senso, non solo a Bruxelles, ma persino dai magistrati della Corte dei Conti: con tutto il rispetto, noi vorremo sommessamente osservare il rischio che un pronunciamento dei magistrati contabili sulla politica fiscale, diffuso dai mass-media, oltre ad aprire un classico conflitto di competenze sui compiti del giudiziario rispetto a esecutivo e legislativo, va inevitabilmente a condizionare aspettative e previsioni degli operatori economici.