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La crisi della sinistra, dalla Toscana al Nord Europa

Domenico MamoneRegistriamo l’ennesima debacle della sinistra alle elezioni amministrative in Italia. Al di là della conta dei comuni persi (tanti) o conquistati (pochi) c’è la significativa conferma di uno sradicamento dalle roccaforti storiche, specie nell’Italia centrale tra Toscana (Massa, Pisa e Siena, ma globalmente la sinistra ha ceduto sei capoluoghi toscani su dieci) e Umbria (a destra sia Perugia sia Terni).

Il dato rientra in un fenomeno generalizzato in tutta Europa, dove la sinistra nelle sue diverse declinazioni più o meno moderate o radicali da anni trova difficoltà a conquistare consensi. In Italia, dove abbiamo avuto il partito comunista più forte del mondo occidentale, questo fattore di sfaldamento colpisce di più.

I motivi sono ovviamente molteplici.

Il crollo del muro di Berlino ha sicuramente fatto venir meno un elemento di contrapposizione, ma anche un’idea di futuro e un collante identitario. Rilevanti pezzi della sinistra antagonista hanno trasmigrato su posizioni socialdemocratiche, di potere, persino neocapitaliste o di centrodestra (vedi la diaspora socialista verso Forza Italia nel nostro Paese), alimentando fratture interne nell’ex mondo comunista e socialista. Molti elettori hanno iniziato a percepire i rappresentanti della sinistra come Casta, optando – nella logica della protesta o della proposta alternativa – per movimenti populisti o di estrema destra, più abili nel costruire nuove simbologie.

Un secondo elemento è individuabile nella pessima gestione di due tra i principali fenomeni dei nostri tempi: la globalizzazione, rafforzata dalle nuove tecnologie, e le migrazioni. Gran parte della sinistra s’è trovata spiazzata nel rappresentare o nel gestire una società in netta trasformazione, sempre più fluida, lontana dalle vecchie classificazioni. Emblematici i ritardi nell’intercettare il popolo dei social o nell’abbandono di periferie caratterizzate dal contrasto ormai universale e senza tempo tra vecchi residenti e migranti. Flussi elettorali sempre più mobili, facili alla smobilitazione, hanno fatto il resto.

Un’altra componente della crisi di rappresentanza è venuta dalla recessione economica che ha stravolto radicate certezze, ha intaccato soprattutto il ceto medio, ha indebolito tessuto e struttura sociale. La destra muscolosa ha cavalcato meglio le paure.

Certo, la sinistra nel resto d’Europa ha ancora qualche traccia di vitalità. In Spagna e in Portogallo è comunque al governo, in Francia è riuscita a contrastare e ad isolare la Le Pen, in Germania pur con tutti i problemi riesce a conservare quasi la metà dell’elettorato. Ma nella maggior parte degli altri Paesi la sinistra è messa male. Italia compresa.

(Domenico Mamone)

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