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Europa sempre più debole, l’analisi di Romano Prodi

“Il vero nemico dell’Europa è il non fare politica”, così Romano Prodi, ex presidente del Consiglio dei ministri, nel suo discorso in chiusura della quinta edizione del Festival delle Città, in un’analisi accurata e disincantata dell’Europa.

Un’Ue che, sebbene abbia dimostrato grande solidarietà in occasione della pandemia, non è riuscita ad affrontare la grande sfida della guerra in Ucraina. In tale occasione, infatti, non ha assunto alcun ruolo centrale e né ha presentato proposte di pace, tornando alla passività che la sta caratterizzando da diversi anni a questa parte.

L’Europa, infatti, ha vissuto senz’altro momenti che ne hanno testimoniato la grandezza, allo stesso tempo, però, è arrivata ad un “momento in cui o si ha un’unità nella politica, oppure ci si ferma”. Il problema, infatti, secondo Prodi, seppur esistano forti differenze tra i vari Paesi, non è l’allargamento dei confini dell’Unione, quanto piuttosto “l’indebolimento delle strutture sovranazionali a favore delle strutture nazionali. Lo spostamento continuo e progressivo dal lavoro della Commissione al lavoro del Consiglio”.

A questo si aggiunge la condizione dell’unanimità. “Se continuiamo nel discorso dell’unanimità nelle decisioni più importanti non potremo fare progressi”, ha dichiarato, ricordando che, quando è stata fondata l’Europa, i Paesi erano solo dodici e accomunati dalla volontà di andare avanti, “in un momento in cui era interesse sia tedesco che francese e anche italiano spingere avanti con la moneta”, ma “se avessimo aspettato l’unanimità con l’euro, non si sarebbe fatto nulla”.

Prodi, ha così affermato la necessità di un “nucleo traente che prenda le decisioni, oppure l’Europa continuerà a non contare niente”. Senza una politica estera e una politica della difesa comune, infatti, “nemmeno la politica economica può avere una sua forza a livello mondiale”.

Allo stesso tempo, con la guerra in Ucraina è accaduto un fatto nuovo, totalmente sottostimato, ovvero il riarmo della Germania, che dopo 70 anni in cui ha sempre avuto una posizione contraria all’armamento, in un solo giorno, ha deciso di cambiare la propria politica, mettendo sul tavolo 100 miliardi di euro e superando del 2 per cento il budget della difesa.

“Fino ad oggi l’Europa è andata avanti con due motori politici, la Francia e la Germania, e con l’Italia molto più importante di quello che noi pensiamo nel creare la maggioranza – ha spiegato Prodi. – “Non posso dire con onestà intellettuale che l’Italia sia stata motore traente dell’Europa, ma determinante sì. Con una grande importanza di mediazione”.

In questo contesto, la nuova linea tedesca è destinata a sconvolgere gli equilibri attuali. Prodi, infatti, è completamente in disaccordo con gli esperti francesi, secondo i quali la Germania non riuscirà comunque a raggiungere il livello tecnologico della Francia nello spazio, nell’aeronautica e negli altri settori bellici.
“Io dico che, quando il bilancio della difesa supera più del doppio un altro bilancio, in un paese tecnologicamente avanzato come la Germania, saranno cinque, sei, sette anni, ma cambierà totalmente l’equilibrio europeo”. Ciò renderà ancora più complesso raggiungere quella “visione ampia, di cui abbiamo necessità in Europa”.

La soluzione, secondo l’ex presidente, sarebbe che la Francia mettesse “a disposizione dell’Europa il diritto di veto al Consiglio di sicurezza e l’arma nucleare. Diventerebbe più forte la Francia e più forte l’Europa”, acquisendo finalmente l’importanza e il ruolo che dovrebbe avere. Possibilità che, ad ogni modo, resta davvero remota.

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