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La Corte dei conti Ue sul dispositivo per la ripresa e resilienza: ritardi nell’erogazione dei fondi

Nonostante l’importante dotazione di 724 miliardi di euro, nei primi tre anni del dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf), istituito dall’Ue, si sono osservati ritardi nell’erogazione dei fondi e nell’attuazione dei progetti. È quanto rilevato dalla Corte dei conti europea, il revisore esterno dell’Unione a cui è affidato il compito di valutare l’economicità, l’efficacia, l’efficienza, la legittimità e la regolarità degli interventi dei 27 Paesi aderenti al partenariato economico e politico.

Costituito nel febbraio 2021, l’Rrf finanzia riforme e investimenti negli Stati membri dell’Ue, a partire dall’insorgere della pandemia nel febbraio 2020 fino a fine agosto 2026. È incentrato su sei settori prioritari, tra cui la transizione verde e la trasformazione digitale. I Paesi possono ricevere i fondi in funzione dei progressi compiuti.

La Corte dei conti evidenzia come a fine 2023 i Paesi dell’Unione avevano attinto a meno di un terzo dei fondi previsti per la ripresa post Covid-19 e che solo la metà circa del denaro trasferito da Bruxelles alle capitali nazionali ha raggiunto i destinatari finali. La lentezza osservata dall’organo revisore comunitario rappresenta un rischio per il conseguimento degli obiettivi volti ad aiutare la ripresa dei Paesi Ue dalla pandemia e ad accrescere la resilienza di questi ultimi. Gli Stati membri potrebbero così non essere in grado di attingere ai fondi o assorbirli per tempo, e di portare a termine le misure previste prima dello scadere del Rrf, limite fissato ad agosto 2026 e, quindi, godere dei benefici economici e sociali attesi.

“Un assorbimento tempestivo del Rrf è indispensabile: aiuta a evitare strozzature nell’esecuzione delle misure verso la fine del ciclo di vita del dispositivo e riduce il rischio di spese inefficienti e irregolari – ha dichiarato Ivana Maletić, membro della Corte responsabile dell’audit. “Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i Paesi Ue avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30% verso i traguardi e gli obiettivi prefissati”.

La Corte critica il ritmo con cui si è fatto ricorso al grosso dei fondi. A fine 2023, erano stati trasferiti solo 213 miliardi di euro dalla Commissione alle casseforti nazionali. Non è detto poi che questi soldi siano arrivati ai destinatari finali, fra cui imprese private, società pubbliche di servizi energetici e scuole. Di fatto, quasi la metà dei fondi Rrf erogati ai 15 Stati membri che hanno fornito le necessarie informazioni al riguardo non aveva ancora raggiunto i destinatari finali.

Quasi tutti i Paesi hanno presentato in ritardo le richieste di pagamento alla Commissione, spesso a causa dell’inflazione o di carenze di approvvigionamento, di incertezze circa la normativa ambientale e di una capacità amministrativa insufficiente. A fine 2023 era stato presentato il 70% delle richieste previste e per un ammontare inferiore del 16% circa alle attese; per svariati motivi, sette Paesi non avevano ricevuto alcun finanziamento per il soddisfacente conseguimento di traguardi e obiettivi. La Commissione e gli Stati membri hanno intrapreso azioni per agevolare l’assorbimento, specie nel 2023, ma è prematuro verificarne l’eventuale impatto.

Emerge comunque un aspetto positivo ovvero che, grazie a un prefinanziamento massimo del 13% dell’importo erogabile agli Stati membri, è stato possibile versare rapidamente più fondi all’inizio dell’emergenza pandemica, in linea con le finalità della risposta alla crisi.

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