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Festa della Liberazione: tra storia, memoria e riflessione

Da più di settant’anni la data del 25 aprile viene associata, ricordata e festeggiata come la giornata della Liberazione dell’Italia dalla dittatura nazifascista, tingendosi, per alcuni, inevitabilmente di faziosità politica ed ideologica. La commemorazione di questa festività dovrebbe in realtà segnare un momento di riflessione, un pensare a ritroso di eventi importanti, delle loro conseguenze e dei loro lasciti alle generazioni future.

Ripercorrendo la storia della nostra Penisola durante gli anni che hanno portato alla fine del Secondo conflitto mondiale, si potrebbero infatti trarre importanti insegnamenti validi per il presente e per il futuro. D’altronde il vero valore degli avvenimenti storici è quello di “cercare di conoscere e comprendere il passato per vivere meglio il presente e progettare più consapevolmente il futuro”.

L’importantissimo tema della memoria è indissolubilmente legato a quello dell’identità di un popolo e delle sue radici e la conoscenza storiografica esatta e non probabile è necessaria alla promozione di strumenti critici che permettano di evitare usi strumentali, parziali ed impropri della rappresentazione storica. Ricordare per comprendere e per non incorrere in errori già perpetrati, per contribuire all’educazione, al patrimonio culturale ed alla cittadinanza attiva.

E’ così che la festa del 25 aprile dovrebbe assumere in questi anni pandemici, un valore diverso e più profondo.

Senza per forza voler attribuire una connotazione politica ed ideologica a questa ricorrenza, si può trovare un significato universale nella celebrazione di questa data così importante nella storia italiana, che ha segnato un evento non solo di liberazione dall’oppressione nazifascista, ma soprattutto dovrebbe aver lasciato un monumentale insegnamento per tutti: l’inutile atrocità della guerra, delle sue crudeltà effimere seppur indelebili.

La “lezione della guerra” è quella raccontata da chi quegli anni li ha vissuti in prima persona, come Michele Montagano, anno 1921 di Casacalenda, in provincia di Campobasso, già ufficiale di complemento degli alpini ed internato militare nei campi di sterminio nazisti. In una sua testimonianza ha raccontato: “Da giovani non eravamo fascisti, ma mussoliniani perché quest’uomo per noi era un Padre eterno. Eravamo illuminati e trascinati dal fascino della sua figura. Che ne capivamo di fascismo?”. Quando narra la sua storia, parla senza lasciar trapelare odio o paura, quasi sorride parlando del periodo di reclusione nei campi di punizione tedeschi, descrivendo episodi lontani nel tempo ma vivi nella memoria ricordando giornate piene “di pidocchi e morte, di bastonate e mazzate”, con quella leggerezza di chi è grato alla vita per essere ancora vivo, nonostante tutto.

Il 25 aprile in realtà è una data simbolica, rappresenta il culmine di un percorso iniziato due anni prima, esattamente nel luglio del 1943 con lo Sbarco degli Alleati in Sicilia. Coincide cronologicamente con la liberazione della città di Milano da parte dei gruppi del CLN (Comitato Liberazione Nazionale) e degli abitanti insorti delle grandi città del Nord Italia.

La ricorrenza della Liberazione deve servire a tenere viva la memoria dei 46 mila morti ed i 21 mila feriti tra le forze della Resistenza, ma anche gli strascichi di miseria e violenza sui civili da parte delle truppe alleate durante la Campagna d’Italia. Chi non ricorda la drammatica interpretazione di Sofia Loren ne “La Ciociara” di De Sica? Trasposizione cinematografica del celebre romanzo di Moravia, emblematico racconto di brutalità umana legata al conflitto. Deve anche far ricordare i due anni di guerra civile, le esecuzioni sommarie avviate da più parti ed il processo di epurazione finale.

Soprattutto deve far comprendere, come ha sottolineato il professor Alberto Melloni, docente di storia, “che senza la lotta partigiana l’Italia non sarebbe riuscita a guadagnare l’integrità territoriale e la possibilità di diventare democratica”.

Il 25 aprile è una lezione, non solo storica, ma anche di vita per i giovani di oggi che faticano a seguire le limitazioni imposte dalla lotta alla pandemia e che non pensano alle lotte vere, sostenute dai loro bisnonni durante la guerra per la libertà e per la propria vita. Una figura di spessore come quella di Michele Montagano è un esempio per tutti, così come quella del novantasettenne Eugenio Meneghino, partigiano sabino che sempre ha offerto ai ragazzi la sua testimonianza storica di impegno e coraggio, fino all’ultimo dei suoi giorni. Se ne è andato proprio ad aprile di quest’anno, in modo naturale, poco prima di essere vaccinato, ultimo atto doveroso contro il virus nemico.

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