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Marco Randon, il panettiere dal cuore d’oro premiato dal presidente Mattarella

Chi lo dice che fare del bene non ripaga? La prova ci arriva dalla storia di Marco Randon, sessantaquattrenne di Mantova, insignito dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dell’onorificenza dell’Ordine al merito della Repubblica italiana Per essere intervenuto nei paesi colpiti da calamità naturali preparando e distribuendo pane e focacce alle popolazioni”.

Fornaio, imprenditore, volontario, Marco Randon è stato scelto dal presidente come esempio per la società civile, per la sua dedizione al bene comune. “La solidarietà costruisce il futuro – ha spiegato Mattarella nel suo discorso di ringraziamento rivolto ai 30 meritevoli cittadini. “Sono la grettezza e l’egoismo che creano deserto, solitudine, infelicità e povertà materiale e morale”.

Sei panetterie tra Mantova e provincia che producono pane, dolci e pasta fresca, l’amore per il proprio lavoro, da lui definito “la sua passione” e la voglia inesauribile di aiutare il prossimo. L’impegno sociale di Marco Randon dura da ben diciotto anni, operando come volontario in numerose missioni umanitarie e mettendo a disposizione le sue conoscenze professionali. Ha portato l’arte della panificazione in Paesi lontani, afflitti da calamità naturali e guerre, insegnando il mestiere di fornaio a bambini accolti negli orfanotrofi, regalando una prospettiva di vita migliore a chi ha avuto la sfortuna di nascere nelle più povere aree del mondo. Ha sfamato chi chiedeva cibo, ha insegnato a chi aveva voglia e necessità di imparare. Ha partecipato attivamente, sempre come volontario, con il suo “panificio mobile” alle operazioni di aiuto che hanno interessato gli alluvionati dell’Emilia Romagna.

L’impegno nel sociale di Marco non è passato inosservato né al presidente Mattarella né ai media nazionali. Dopo il conferimento dell’onorificenza da parte del presidente della Repubblica, il panificatore mantovano ci ha concesso un’intervista per parlarci di volontariato, diritto alla salute, imprenditoria etica.

Buongiorno e complimenti per l’importante riconoscimento ricevuto. Lei come storico volontario della Fondazione Rava, è da molti anni impegnato nel volontariato. Come mai proprio ora è arrivata questa onorificenza al merito?

“In realtà non so bene come sia arrivata la proposta della mia candidatura al Quirinale. Posso supporre che sia legata alla mia presenza in Emilia Romagna, nel maggio 2023, quando ho prestato soccorso alla popolazione colpita dall’alluvione. Sono partito da Mantova come volontario con la fondazione Francesca Rava e, grazie al supporto logistico della Protezione civile, in collaborazione con altri enti di solidarietà, abbiamo attivato un panificio mobile a Lugo di Romagna. Il panificio, che ricalca un modello consolidato già utilizzato in passato in altre missioni umanitarie, altro non è che un camion attrezzato con forni, generatori e macchinari, che ha permesso di panificare 24 ore su 24. Per fare questo, ho avuto l’aiuto di un team di panettieri e, insieme, abbiamo distribuito gratuitamente agli sfollati pane, focacce e altri prodotti da forno, rifornendo inoltre sei mense delle Protezione civile, collocate nelle aree più colpite dall’alluvione, per un totale di 4mila persone al giorno. In venti giorni abbiamo sfornato quasi 100mila pezzi. Mentre ero lì, c’è stata la visita del presidente Mattarella. Io non l’ho visto personalmente, ma probabilmente è venuto a sapere della mia storia e dell’impegno portato avanti nelle operazioni di soccorso e assistenza alla popolazione”.

La racconti anche a noi. Come è iniziata questa sua vocazione al volontariato?

“Per me è una cosa normale. Io vado semplicemente a fare il mio lavoro. Ho sempre ammirato l’operato dei volontari, ma credevo fosse principalmente una prerogativa del personale sanitario. Determinante è stato l’incontro nel 2003 con un medico di Sirmione impegnato in operazioni umanitarie. Lui mi ha rivelato qualcosa di essenziale e basilare, a cui non avevo mai pensato prima. Mi disse che se fosse stato possibile insegnare alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo a lavarsi le mani prima di mangiare e a consumare cibi cotti, tante malattie sarebbero potute sparire. Era una semplice osservazione, ma mi ha fatto comprendere che anche io, con la mia esperienza lavorativa, potevo fare la differenza dando una mano a chi ne aveva bisogno. Così sono partito per l’Africa, in Togo e Burkina Fasu, dove, nel 2006, sono stati aperti i primi panifici solidali. Quello è stato l’inizio dei miei viaggi e del mio impegno nel sociale”.

Cosa è successo dopo l’esperienza nel Golfo di Guinea?

“La missione in Africa mi ha fatto conoscere negli ambienti del Terzo settore e così sono stato contatto dalla Fondazione Francesca Rava. Nel 2009 sono partito come volontario per Haiti per operare in una scuola di panificazione. Lì ho insegnato ai ragazzi degli orfanotrofi l’arte bianca, cercando non solo di trasmettere loro la passione per il mio lavoro, ma soprattutto ho provato a trasferire l’esperienza maturata negli anni e un mestiere che permettesse loro di avere una nuova prospettiva di vita. Sono tornato nell’isola caraibica un anno dopo, subito dopo il terremoto del 2010 che ha devastato Haiti. Il mulino era crollato, ma non il forno e il magazzino, così insieme agli altri tre volontari abbiamo iniziato a produrre per un mese il cibo per la popolazione terremotata. Bertolaso ci ha portato il lievito. Abbiamo messo su dei container per lavorare e da quello che mi dicono sono ancora in funzione. Sono ritornato sull’isola altre volte: nel 2011 per consegnare due forni mobili, ospitati in container con generatori di corrente, e successivamente per insegnare ai ragazzi di Haiti a produrre correttamente il pane. Santo Domingo, Honduras, Nicaragua e Guatemala sono gli altri Paesi in cui sono andato per consegnare i container trasformati in forni mobili e distribuire pizze e pane, anche se l’obiettivo principale è quello di formare professionalmente i ragazzi dell’orfanotrofio. Alcuni, i più meritevoli, per un mese hanno operato nel mio laboratorio di Mantova per affinare le tecniche di panificazione”.

Anche in questi Paesi ha trovato la materia prima necessaria a panificare? Intendo il grano e il derivato della sua macinazione, la farina.

“Ho cercato di adattarmi, anche per dare ai ragazzi la possibilità di produrre e lavorare con quello che avevano a disposizione. Ad Haiti ho panificato utilizzando la farina di fagioli, in Africa e Sudamerica la manioca oppure la moringa, una pianta diffusa nella fascia tropicale ed equatoriale del pianeta. Insomma ho utilizzato quello che la natura offriva in sovrabbondanza”.

Pg12 Marco Randon

Le missioni umanitarie si sono interrotte a causa della pandemia. Lei ha ripreso il suo impegno nel sociale con l’alluvione dell’Emilia Romagna. E ora?

“Adesso sono in pensione e posso dedicarmi di più all’attività di volontariato. In ballo ci sono molti progetti. Oltre alla Fondazione Rava, ci sono altre piccole associazioni che mi contattano. Uno di questi progetti è l’apertura di una pizzeria gestita da una cooperativa di donne in Togo. Intanto hanno iniziato a coltivare i pomodori. Probabilmente partiremo in autunno”.

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