È di questi giorni l’uscita, per la Cosmo Iannone editore, del libro di Luigi Di Majo il fondatore della grande azienda vitivinicola, la Di Majo Norante di Campomarino.
“Don Luigi, sfide e passioni”, il racconto, tutto di un fiato, di una vita che, da Napoli, la città natale, porta l’autore a vivere la sua prima grande avventura in Brasile e, dopo sette anni, il ritorno, che apre all’impegno politico e nel mondo della cooperazione; il Molise, con il vino che inizia la sua avventura per diventare un protagonista del territorio regionale; la grande esperienza vissuta come amministratore della Cassa per il Mezzogiorno; il piccolo paesino di adozione, Santomenna, nell’Alta valle del Sele, e la tragedia del terremoto del 1982; Praga e il vigneto sognato e mai realizzato. E, ancora, la famiglia e la grande eredità del passato; gli amici e i sogni che, tutt’ora, impegnano Luigi perché diventino realtà.
In anteprima, a Verona, nello stand della Di Majo Norante posto all’interno del padiglione 7 D 3 del Vinitaly, la più grande fiera del vino italiano, giunta alla sua 51esima edizione.
L’appuntamento è allo stand dell’azienda dal 9 al 12 aprile 2017.
Luigi Di Majo è il fondatore della Masseria di Majo Norante, eccellenza italiana. Profondo conoscitore del mondo del meridione e del meridione del mondo, ha diretto pubblicazioni, collaborato con l’Università del Molise e con vari enti pubblici tesi allo sviluppo economico del meridione italiano.
SCHEDA DEL VOLUME – Quell’insalata descritta solo virtualmente, ma con estrema precisione e soprattutto con foga veramente trascinatrice, mi fece capire che non solo il desco, ma anche la vita poteva essere diversa, che si poteva osare, uscire fuori dagli schemi e soprattutto dalla tradizione per andare alla ricerca di un proprio stile fatto di coraggio e creatività. Avevo solo otto anni, ma mi fu subito chiaro che Luigi veniva da un altro mondo, fatto di tradizione e concretezza sì, ma anche di grande fantasia e sicuramente di forte intraprendenza… fu proprio la forza dei suoi sogni a dare consistenza alle sue sfide, sogni che sono diventati coraggiosi progetti che hanno arricchito e arricchiscono ancora adesso i suoi terreni e sicuramente la sua vita. Non so cosa lo spinse a cimentarsi con il vino ma credo che non fu estraneo a questa sua decisione il piacere della tavola, della convivialità e dell’amicizia di cui il vino è veramente il simbolo. La scelta di privilegiare gli antichi vitigni si rivelò vincente e moderna forse anche perché recuperare le varietà tradizionali voleva dire far tornare al naso e alla bocca le sensazioni perse nel tempo.
(Giampiero Castellotti)