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Mezzogiorno: quel Sud che s’allontana

MamoneNei giorni scorsi l’Eurispes ha presentato, a Palermo, il ventinovesimo Rapporto Italia con dati economici impietosi per il nostro Mezzogiorno. Sintetizzando, lo studio conferma la frammentazione sociale e l’esplosione delle povertà: detta così è una fotografia generica che si traduce, però – nella concretezza dell’esistenza quotidiana – nell’aumento del numero di coloro che non trovano lavoro, che rinunciano agli esami diagnostici e alle cure mediche, che ricorrono agli usurai, che finiscono per emigrare all’estero. Se la macchina del Nord ha ripreso a viaggiare, quella del Sud è drammaticamente ferma. La cosiddetta “forchetta” tra le due aree, che aveva raggiunto l’estensione massima nei primi anni Settanta, torna a presentare un aspetto preoccupante.

L’Italia meridionale, si sa, paga lo scotto di ritardi storici e strutturali. Le politiche assistenziali della lunga stagione della Cassa per il Mezzogiorno, attiva dal 1950 al 1984, se da una parte hanno alleviato la situazione contingente e contribuito a dotare le regioni meridionali di una rete di infrastrutture fisiche (nuovi collegamenti stradali, acquedotti, impianti elettrici, scuole, ospedali, ecc.) nel contempo hanno perpetuato – e a volte accentuato – i problemi atavici, dall’accresciuto peso della criminalità che spesso ha intercettato le occasioni di business con i fondi pubblici fino alla diffusa corruzione o all’economia sommersa, che la maggior parte degli analisti stima a non meno del 20 per cento, più che il doppio rispetto al resto del Paese. Insomma, se i tanti soldi hanno risolto problemi e arricchito molti, hanno nel lungo periodo rappresentato un palliativo, una bolla che si sta sgonfiando. Oggi il Sud, che spesso non riesce ad utilizzare i fondi comunitari ed è anche quasi del tutto assente negli investimenti delle imprese straniere, sta ripiombando in una situazione statica e piena di tensioni. Tutto ciò, tra l’altro, determina una progressiva delegittimazione della politica e quindi delle istituzioni, come rileva lo stesso Eurispes, ritenute inadeguate di fronte alla complessità di fenomeni sociali, dinamiche economiche e cambiamento epocali

Eppure le risorse e le potenzialità dei nostri splendidi territori meridionali sono tutte lì, dai paesaggi mozzafiato all’immenso patrimonio storico-artistico e – non dimentichiamolo – “immateriale”, fatto di affascinanti tradizioni secolari, fino alla creatività offerta da tante menti brillanti. Non mancano oasi di eccellenze in ogni campo ed il settore agroalimentare, in particolare, sta vivendo una stagione felice grazie in particolare all’export. C’è quindi principalmente bisogno di una “scossa” generale per l’economia e la società in genere, utilizzando il titolo di un fortunato libro di Francesco Delzio proprio sulla possibile rinascita del Sud, che invitava – qualche anno fa – ad uno “scatto d’orgoglio” che vinca la rassegnazione e il vittimismo.

Le proposte che Delzio ha lanciato nel suo pamphlet sono ancora attuali e meritano nuove riflessioni. Ad esempio, anziché dare incentivi a pioggia, spesso controproducenti, sarebbe opportuno creare una “No tax area” con la drastica riduzione delle tasse alle imprese e alle facoltà scientifiche, cercando di azzerare la burocrazia e di incentivare la flessibilità lavorative per garantire più posti di lavoro possibili. Certo, non esistono ricette risolutive, ma è preferibile registrare una qualche attenzione politica per il nostro Mezzogiorno anziché assistere alla stasi o, peggio ancora, al disinteresse.

(Domenico Mamone)

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