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Cgia Mestre: rischio stop dell’economia nazionale

“Se l’emergenza coronavirus dovesse diffondersi a dismisura in tutte le regioni del Nord e durasse qualche mese, come hanno ipotizzato molti esperti di virologia, il rischio che una buona parte dell’economia nazionale si fermi è alquanto probabile”.

Questo l’allarme probabilistico lanciato dalla Cgia (Associazione artigiani e piccole imprese) di Mestre. L’Ufficio studi ha segnalato che in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Liguria viene “generata” la metà del Pil nazionale e del gettito fiscale che finisce nelle casse dell’erario; vi lavorano oltre 9 milioni di addetti occupati nelle imprese private (pari al 53 per cento del totale nazionale); da questi territori partono per l’estero i due terzi delle esportazioni italiane e si concentra il 53 per cento circa degli investimenti fissi lordi (vedi Tab. 1).

Per l’associazione è necessario rifinanziare gli ammortizzatori sociali, quali Cigo e Cigs, ridare credito alle piccole e medie imprese e la pubblica amministrazione deve farsi carico dei suoi debiti, stimati dalla Banca di Italia intorno ai 53 miliardi di euro, da saldare ai suoi fornitori.
Le richieste avanzate dalla Cgia al governo vanno quindi oltre alle misure urgenti che interessano le attività ed i contribuenti che rientrano nei Comuni ubicati nella cosiddetta zona rossa, perché è altresì necessario che l’Esecutivo metta a punto una misura strutturale che interessi tutta l’economia.

La domanda che in molti si pongono in questi giorni è quanto ci costerà dal punto di vista economico la crisi legata al coronavirus. Secondo l’Ufficio studi della Cgia è difficile quantificare economicamente l’impatto, anche perché molto dipenderà dalla durata temporale di questa fase emergenziale. Tuttavia, si segnala che nelle settimane scorse il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha ipotizzato una “perdita” di qualche decimale di Pil (0,4 punti percentuali, così come prevedono alcuni istituti di ricerca), ed a conti fatti, il danno ammonterebbe a circa sette miliardi di euro. Occorre però sottolineare che la cifra è puramente indicativa, in quanto non supportata da alcun riscontro statistico.

“Il danno di immagine provocato al nostro Paese dal coronavirus è alquanto pesante. Molti settori produttivi – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – sono già allo stremo, per questo chiediamo al governo di approvare subito un intervento di medio lungo termine che preveda il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e l’estensione degli stessi ai settori che oggi ne sono sprovvisti, si rafforzino le misure di accesso al credito delle Pmi e la pubblica amministrazione paghi tutti i debiti che ha contratto con i propri fornitori”.

Oltre a questo, la Cgia chiede di rilanciare anche gli investimenti pubblici. Afferma il segretario, Renato Mason: “Nei giorni scorsi il Commissario europeo all’economia, Paolo Gentiloni, ha annunciato che Bruxelles, così come ha già fatto in passato quando abbiamo affrontato altre importanti emergenze come il terremoto nel centro Italia e l’arrivo in massa dei migranti nei porti del Sud, ci riconoscerà una dose di flessibilità che ci consentirà di non rispettare gli impegni assunti in merito al rapporto deficit/Pil. Risorse che, a nostro avviso, devono essere spese per la rilanciare gli investimenti pubblici, per ammodernare questo Paese, in altre parole per ridare fiato ad una economia che, altrimenti, rischia di entrare in recessione”.

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