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Per salvare il turismo un po’ di sano “amor di Patria”

Il turismo è certamente uno dei settori più lacerati dal Covid-19. In particolare nel nostro Paese, che con 94 milioni di turisti stranieri nel 2019 è al quarto posto tra quelli più visitati al mondo. L’intero comparto genera il 13 per cento del Pil e rappresenta il 6 per cento degli occupati.

Stanno soffrendo soprattutto i 177mila ristoranti, i 33mila alberghi, i 20mila agriturismi, i 12mila stabilimenti balneari, i 3mila campeggi. E poi villaggi-vacanza, bed & breakfast, case-vacanze, rifugi montani, musei, con tutto l’enorme indotto di servizi. A pesare è principalmente il crollo delle presenze di tedeschi, americani, francesi, britannici e olandesi, i principali protagonisti del turismo straniero.

Ad essere in ginocchio sono principalmente Roma, Venezia, Milano, Firenze e Rimini, le prime cinque città per numero di presenze negli esercizi ricettivi. Ma non va meglio per le perle del litorale, da quelle liguri (Portofino, Sanremo, Cinque Terre, ecc.) fino alla Costa degli Dei in Calabria, dalla “Sabbiadoro” friulana fino a Puglia e Basilicata. Per le isole, non solo Sicilia e Sardegna, ma Elba, Giglio, Ponza, Capri, Ischia, Tremiti e altre centinaia. Per i laghi, per le località termali, per la montagna, per i parchi e le riserve naturali. Per le mete religiose come Assisi o Loreto. Per luoghi resi celebri da beni culturali quali Pompei o Caserta. Per borghi storici come San Gimignano.

In questa estate ormai alle porte, occorrerà ammortizzare la mancanza dei flussi internazionali con il turismo italiano. Anche in questo caso, la crisi può – e deve – rappresentare un’occasione per riscoprire le infinite bellezze dei nostri territori.

L’Enit, nel punto bisettimanale, fa sapere che annualmente gli italiani compiono 47 milioni di viaggi all’estero. Siamo meno nazionalisti della “concorrenza”: il 40 per cento dei connazionali sceglie la vacanza all’estero, contro il 28 per cento degli spagnoli e soltanto il 25 per cento dei francesi. Se riuscissimo a recuperarne una buona parte di queste trasferte, a vantaggio del “turismo domestico”, sarebbe un ottimo viatico per lenire le sofferenze del settore. Anche perché, causa il lockdown più lungo, i dati turistici del 2020 per ora stanno penalizzando maggiormente proprio il nostro Paese rispetto alle altre nazioni europee.

Secondo dati aeroportuali raccolti dall’Enit, il crollo è del 82,8 per cento dalla Cina, del 78,1 dagli Usa e del 63,3 per cento dalla Russia. E per riprendere quei dati in crescita costante da diversi anni sul fronte arrivi internazionali, occorrerà attendere almeno tre anni.

Allora? Occorrerà, una volta tanto, rispolverare un po’ di sano “amor di Patria” e riscoprire l’infinita e variegata offerta italiana, non certo inferiore a quella estera. Del resto non è un caso se siamo tra i più visitati al mondo dagli stranieri e abbiamo il primato dei siti salvaguardati dall’Unesco.

Lo scrittore britannico Edward Morgan Forster ha scritto: “Non si viene in Italia in cerca di cose gradevoli. Ci si viene in cerca della vita”.

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