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Unsic: consultazione al Cnel su salute e sicurezza sul lavoro

Domenico Mamone

Riportiamo il testo redatto dall’Unsic in occasione della consultazione delle parti sociali sul tema “Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, Gruppo di lavoro tematico secondo la Determinazione presidenziale n. 66 del 20 giugno 2024, effettuata il 16 luglio 2024 dalle ore 10.30 alle ore 10.45.

Con riferimento ai quesiti espressi nella lettera del 4 luglio u.s., sottopongo qui di seguito le valutazioni mie e dell’Unione Nazionale Sindacale Imprenditori Coltivatori.

In particolare, riguardo all’ipotizzata opportunità di:
1) Potenziare il contributo delle parti sociali alla effettività del quadro prevenzionistico…
…si osserva in sintesi che Unsic ritiene che si possa far convergere la cultura datoriale con la cultura del lavoro dipendente in un’ottica di comune sforzo di miglioramento del sistema di sicurezza e salute nei posti di lavoro, implementando competenza, formazione continua, innovazione e sostenibilità. In questo senso il Cnel deve promuovere la cooperazione tra le parti sociali: penso in particolare al ruolo e alle attribuzioni degli Enti Bilaterali. Su questo tema possiamo avviare un percorso per arrivare a un testo di legge che ci aiuti a rispondere alle grandi sfide del cambiamento.

Su di un piano più strettamente tecnico, le parti sociali rivestono già, nel nostro sistema ordinamentale, un ruolo fondamentale nella messa in campo di iniziative, programmi e attività di promozione monitoraggio e applicazione delle leggi e regolamenti in materia di SSL nei luoghi di lavoro, attraverso:

― La collaborazione in materia di attività di ispezione del lavoro;

― L’attivazione di altri meccanismi di applicazione delle norme (p.e., codici di condotta, clausole contrattuali, sensibilizzazione e incentivi, procedure di conciliazione).

La Convenzione Internazionale sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro del 2006 (n. 187) richiede, tuttavia, l’istituzione di un organismo (o di più organismi) consultivo nazionale tripartito (Stato, organizzazioni datoriali, organizzazioni sindacali), già istituito in altri Paesi.

Tale azione politica dovrebbe essere sviluppata anche in Italia.

In particolare attraverso la consultazione e la discussione tripartita e dovrebbe includere:

― l’impegno del governo per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali;

― i principi fondamentali che guidano l’azione nazionale sulla SSL;

― gli ambiti di azione in materia di SSL;

― le funzioni e le responsabilità delle principali parti interessate (ossia le autorità pubbliche competenti, i datori di lavoro e i lavoratori e le loro organizzazioni), riconoscendo il carattere complementare di tali responsabilità.

Un quadro normativo più funzionale e completo dovrebbe, inoltre:

― coprire tutti i lavoratori e tutti i settori di attività economica;

― affrontare tutti i rischi relativi alla SSL a cui i lavoratori possono essere esposti.

Esso dovrebbe comprendere a tal fine:

― Una riforma generale sulla SSL (che definisce i diritti fondamentali in materia di SSL);

― norme e regolamenti (che completano la legge sulla SSL e coprono settori o rischi specifici);

― codici di condotta e norme tecniche (che integrano la legge fornendo indicazioni più specifiche ai datori di lavoro e ai lavoratori su come rispettare la legge);

― contratti collettivi.

Riguardo all’auspicio di
2) Rivitalizzare la previsione di cui all’art. 9 St. Lav…
…l’Unsic ritiene che per l’art. 9 dello Statuto dei lavoratori, finora non sufficientemente valorizzato, bisogna prevedere, magari con una legge di attuazione, che le parti sociali possano partecipare direttamente al controllo della sicurezza nelle imprese. In una materia come questa non può essere delegato tutto alla legge, allo Stato, agli Ispettori, che pure sono fondamentali. La chiave di volta è la partecipazione e quindi i corpi intermedi. Riconoscendo il superiore valore della sicurezza, e l’importanza di un approccio d’impresa socialmente responsabile, Unsic ritiene che l’articolo 9 possa essere attuato anche studiando modalità di esercizio dell’accesso, che rendano il rifiuto di adeguato controllo
condiviso e trasparente sulla sicurezza illegittimo e suscettibile di reazione efficace.

La norma statutaria, come è noto, prevede che “i lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica” (art.9, Statuto).

In un’epoca in cui la questione della sicurezza del lavoro è, tristemente, di scottante attualità, questa disposizione dovrebbe rappresentare il passaggio dalla “nocività conflittuale alla sicurezza partecipata”.

Forse influisce l’errata convinzione che la disposizione sia stata assorbita dalle specifiche norme (D. Lgs. 626/94, poi sostituito dal T.U. n. 81/2008 e successive modifiche), che attribuiscono al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), oltre che alle Rsa, il potere di controllare in azienda l’adozione delle misure di prevenzione.

In realtà la norma non risulta affatto abrogata o modificata, neppure implicitamente, perché le disposizioni successive si limitano ad indicare modalità applicative della norma statutaria, senza che ciò possa significare che si tratti delle uniche ed esaustive modalità.

Per esempio la Corte d’appello di Venezia ha chiarito che “l’art. 9 St. lav. conferisce alla Rsu diritti di controllo e di promozione volti al miglioramento delle condizioni di lavoro in un senso più ampio rispetto alle funzioni strettamente riferite alla sicurezza del lavoro proprie del Rls previsto dal d. lg. 19 settembre 1994 n. 626, il quale, avendo la finalità di rafforzare gli strumenti di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro e non di comprimere i diritti previsti dallo statuto dei lavoratori, non ha determinato l’abrogazione tacita dell’art. 9 St. lav.” (sentenza 6.4.2011).

La Cassazione ha infatti infine chiarito che si tratta di una “norma precettiva che consente l’esercizio del diritto collettivo (dei lavoratori come comunità aziendale) di controllo (…)” (sentenza 4874/1982).

Va anche precisato che l’accesso sul luogo di lavoro per le necessarie verifiche deve essere consentito anche a soggetti esterni alla comunità aziendale. Ancora la Cassazione ha infatti chiarito che “con l’articolo 9 dello Statuto dei lavoratori, che prevede il diritto dei lavoratori di controllare, mediante loro rappresentanze, la applicazione delle norme (…) non esclude, peraltro, il potere dell’organo rappresentativo dei gruppi dei lavoratori interessati di ricorrere, al fine di esercitare i diritti in questione, all’assistenza di tecnici e di esperti di varie discipline, esterni alle comunità di lavoro, ove ciò sia consentito dagli accordi interni fra lavoratori e rappresentanza” (sentenza 6339/1980).

Infine, casi come il Protocollo del 24 aprile 2020 in materia di Covid (allegato al DPCM 26.04.20) offrono spunti per ampliare il modello di partecipazione.

Di conseguenza, riguardo all’opportunità di
3) Attualizzare l’esperienza scaturita dai protocolli di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 per garantire la corretta attuazione del protocollo tra governo e parti sociali per la sicurezza suoi luoghi di lavoro
… Unsic propone l’introduzione di incentivi (c.d. meccanismi di premialità) per le imprese che dimostrino un alto standard di sicurezza, affiancando a misure sanzionatorie meccanismi che riconoscano e valorizzino il comportamento virtuoso. Insiste inoltre sulla necessità di una razionalizzazione normativa.

Occorre lavorare per eliminare sovrapposizioni e ambiguità, rendendo le norme più chiare, accessibili ed organiche con il più ampio contesto normativo nazionale e regionale.

Il Centro studi Unsic, dopo un articolato lavoro istruttorio basato sulla raccolta di materiali e di buone prassi, ha rilevato che l’ultimo protocollo sottoscritto tra governo e parti sociali in materia di sicurezza, appare pregevole nelle indicazioni di principio e nelle finalità che lo stesso si prefigge, ma, aggiungendo nuove regole alle indicazioni operative di Inail, Inps, Asl, ministeri del Lavoro e della Salute e alle
ordinanze regionali, comporta il rischio di nuovi aggravi per le imprese.

A tal fine il Cnel, quale organo deputato ad accrescere l’efficacia delle attività di semplificazione normativa in campo economico e sociale, potrebbe proporre di semplificare tale quadro, stilando un decalogo con alcune priorità indicate in modo chiaro per poter essere in regola. Il modello di quanto fatto con il protocollo sottoscritto durante il Covid, già citato, potrebbe essere esteso e disseminato per la parte che si è rivelata utile.

Estendendo queste osservazioni, si potrebbe ipotizzare la costituzione, a vari livelli, di comitati aziendali, territoriali o settoriali, non solo per l’applicazione e la verifica delle norme in materia di sicurezza, ma anche per l’incrocio dei dati sul lavoro nero e l’impatto ambientale e sanitario, che si incrociano inevitabilmente con quelli sulla SSL vera e propria, con la partecipazione, a livello territoriale e settoriale, delle autorità sanitarie e delle altre autorità istituzionali, anche attraverso il coordinamento delle banche dati. Inoltre, appare cruciale la formazione alla sicurezza, e la crescita dei sistemi tecnologici: l’utilizzo di tecnologie avanzate come sensori, droni e intelligenza artificiale può migliorare significativamente il monitoraggio delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. I sensori possono rilevare in tempo reale rischi come la presenza di sostanze tossiche, l’eccessiva rumorosità o la temperatura elevata. I droni
possono ispezionare aree difficilmente accessibili e l’intelligenza artificiale può analizzare i dati raccolti per identificare potenziali pericoli e intervenire preventivamente. Unsic sostiene modelli virtuosi di impresa: per questo, una white list delle imprese che rispettino virtuosamente la normativa e le buone prassi potrebbe condurre a un sistema di incentivi fiscali e agevolazioni nei bandi pubblici.

(Domenico Mamone)

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