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Il “caso” Venezuela, invito a riflettere

Domenico MamoneSono molteplici i motivi che ci spingono da tempo ad occuparci del Venezuela. Il primo è certamente affettivo: questa nazione latinoamericana nell’ultimo secolo ha accolto centinaia di migliaia di italiani. Soltanto negli anni Cinquanta, quando il presidente Jiménez promosse l’immigrazione da un’Europa piena di macerie belliche, arrivarono dal vecchio continente un milione di persone, tra cui quasi 300mila italiani. Che, infatti, nel censimento del 1961 costituivano la comunità straniera più numerosa. Nel 1976 vi erano ufficialmente oltre 210mila residenti italiani, più altrettante persone di origine italiana.

Il Venezuela era un Paese ricchissimo grazie al petrolio, con riserve di alta qualità e superiori a quelle dell’Arabia Saudita. Attualmente possiede il 20 per cento delle riserve mondiali di greggio, gestite in gran parte dall’azienda statale Petroeleos de Venezuela (Pdvsa).

Si tratta di una nazione bellissima, grazie a terra e clima ideali per l’agricoltura, spiagge e montagne da sogno, la cascata El Santo Angel più alta del mondo. Gli italiani hanno trovato subito lavoro e integrazione, in gran parte raggiungendo alti livelli di benessere.

Nell’ultimo periodo, però, la nazione latinoamericana è stata flagellata da due fenomeni: prima la corruzione dei governi democratici moderati, che ha profondamente lacerato la società; poi, anche come risposta a quel periodo, il populismo di Chavez e di Maduro, che a forza di clientelismo, retorica e facile consenso ha finito per uccidere l’economia del libero mercato e isolare il Paese dal mondo occidentale. Le uniche sponde politiche il Venezuela le ha trovate nella Cuba di Fidel e in qualche governo sudamericano, oggi spazzato via dall’onda nazionalista. Il Paese è anche diventato il regno dei narcotrafficanti, con complicità nell’amministrazione pubblica.

Alle difficoltà, occorre dirlo, hanno concorso anche le sanzioni economiche imposte dagli Usa. E soprattutto la fuga di gran parte degli imprenditori: ciò che è rimasto delle loro aziende è andato miseramente in rovina quando non è stato occupato da famiglie indigenti.

Le testimonianze dirette che abbiamo sulla situazione sociale attuale sono drammatiche: scaffali vuoti nei negozi, mancanza di detergenti e di medicinali, neonati che vengono sistemati in scatoloni negli ospedali, salme con sepolture fai-da-te. Il fenomeno dell’occupazione delle case è crescente, così come quello dei rapimenti: il riscatto non è più chiesto in soldi (che ormai hanno poco valore) ma in beni.

Questa situazione va avanti già da qualche anno, come abbiamo già avuto modo di denunciare, e nel tempo s’è aggravata. È una storia simile, ma molto più grave, a quella accaduta in Argentina nel recente passato.

Oggi molti di quegli italiani emigrati in Venezuela – e in particolare i loro eredi – stanno affrontando enormi difficoltà. C’è crisi economica, iperinflazione, fame, delinquenza (Caracas è diventata una delle città più violente al mondo), ma anche dura repressione da parte delle forze dell’ordine governative.

Come attesta El Observatorio Venezolano de Violencia il Venezuela è diventato il Paese più violento dell’America Latina con 23.047 omicidi nel 2018 pari ad una media di 81,4 morti ogni 100mila abitanti.

Di conseguenza, sono circa tre milioni i venezuelani che hanno abbandonato il proprio Paese negli ultimi anni. I più si sono trasferiti in Colombia, Perù, Panama o negli Stati Uniti. Altri, per affinità linguistiche, in Spagna. Ma sono tante anche le persone d’origine italiana che hanno scelto il nostro Paese e sono rimaste in contatto tra loro grazie ai social network. Per sensibilizzare la comunità internazionale, sono nate tante associazioni di venezuelani fuggiti in tutto il mondo per dimenticare le atrocità della dittatura.

Mentre oltre sessanta Paesi hanno riconosciuto Juan Guaidò come presidente legittimo del Venezuela, riteniamo gravi i tentennamenti del governo italiano, frutto soprattutto della posizione dei Cinquestelle. Mettere il veto al possibile riconoscimento da parte dell’Unione europea di Juan Gauidò come presidente a interim è insensato. E’ soprattutto uno schiaffo alla posizione quasi unanime espressa dalle tante associazioni di venezuelani in Italia. La scelta politica, infatti, dovrebbe essere subordinata a quella umanitaria.

La situazione venezuelana dovrebbe servire anche da monito sui rischi che corre un Paese quando si affida alla demagogia e alla retorica.

(Domenico Mamone)

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