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Colombo non può finire dalle stelle alle stalle

La crescente crociata iconoclasta a stelle e strisce contro Cristoforo Colombo, additato improvvisamente come il simbolo della lunga e triste epoca della violenza dei “conquistatori”, necessita di un solido argine. Un terrapieno edificato non sullo scontato nazionalismo, per quanto il navigatore genovese abbia sempre incarnato la bandiera degli italo-americani, ma sul semplice buon senso.

Il nome di Colombo è indissolubilmente legato alla scoperta dell’America. Un atto per noi – e per il mondo occidentale in genere – fortemente simbolico, al di là del fatto che quel continente sia stato probabilmente raggiunto da altri navigatori stranieri prima del nostro connazionale. Il viaggio, l’esplorazione, la conoscenza, l’allargamento degli orizzonti culturali e della storia personificati da Colombo caratterizzano – positivamente – l’evoluzione nel cammino umano. In fondo la ricchezza culturale di qualsiasi Paese è frutto anche delle migrazioni o, addirittura, delle “invasioni”. L’impero romano ha esportato il diritto moderno e l’arte ingegneristica in tutto il mondo occidentale. Le colonie della Magna Grecia hanno rappresentato uno straordinario segmento di progresso storico, oltre che culturale. La Sicilia costituisce uno dei più magnifici esempi di stratificazione storica. E potremmo continuare all’infinito.

Ecco perché decapitare una statua di Colombo, con motivazioni che annullano tale riconoscimento di “scoperta” in virtù di accuse vere o presunte, è da ignoranti, più che da vandali. Inoltre, un po’ come i falò di libri di triste memoria, è un’azione ignobile che, con un atto di brutalità (per quanto simbolica), annulla il diritto altrui a manifestare le proprie opinioni e la propria etnia in una nazione che ha fatto della libertà – anche con una celebre statua – il proprio vessillo.

La riscrittura della storia (ciò che con un eufemismo appelliamo “revisionismo storico”) – e soprattutto la manipolazione della sua memoria – è in genere, salvo rari casi, un’operazione che accompagna altri soprusi. Di solito attuati da regimi dittatoriali.

Non sappiamo se Colombo sia stato o meno uno stinco di santo, come dovrà addirittura sentenziare una commissione promossa dal sindaco di New York, il non proprio autoctono americano De Blasio, oltre mezzo millennio dopo un processo che il navigatore italiano subì in Spagna. Ma, in fondo, ogni personaggio storico è figlio della sua epoca e, prendendo a parametro il tasso di violenza, solo una manciata di statue di imperatori romani manterebbero la testa integra, pochi “grandi navigatori” si salverebbero da accuse di abusi, violenze e avidità (a quando la furia contro Amerigo Vespucci, che ha dato il nome all’intero continente?), perfino per tanti eroi del nostro risorgimento dovremmo smantellare monumenti, targhe e indicazioni viarie. Per non parlare dei tanti illustri scienziati che hanno contribuito, con le loro scoperte, a realizzare la bomba atomica. E delle lingue dei “conquistatori”, parlate ormai in tutto il mondo, che dovremmo farne, sostituirle con linguaggi primitivi?

Come Unsic abbiamo dato la nostra disponibilità a far parte di un comitato internazionale per la difesa della “memoria colombiana”. Perché, pur essendo naturalmente sensibili alla difesa dei diritti e alla rivalutazione di tutte le popolazioni indigene, crediamo che questa nuova ondata di isteria epuratoria non porti alcunché di buono.

(Domenico Mamone)

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