Il Buon Lavoro

di Domenico Mamone Presidente UNSIC

La qualità del lavoro è un concetto spesso difficilmente misurabile, però importantissimo. FondoLavoro, il fondo interprofessionale promosso da Unsic con Ugl, è stato protagonista a Bologna, ad Ambiente Lavoro, il salone sulla salute e la sicurezza sul lavoro che è il principale appuntamento annuale per tutto il settore dei consulenti e dei formatori della sicurezza sul lavoro. Crediamo che troppo spesso le aziende vivano questo tema soltanto in termini di un obbligo di legge a cui ottemperare, un atto dovuto, e quindi, per qualcuno, anche un costo e un peso. Al contrario, salute e sicurezza sul lavoro sono un investimento: e dovremmo andare una concezione rigidamente legata agli elementi obbligatori, “difensivi”, la necessaria ma elementare prevenzione degli infortuni e delle malattie, per ragionare all’attacco, sul buon lavoro e il buon vivere sul posto di lavoro. La formazione finanziata con i fondi interprofessionali può intervenire sull’organizzazione aziendale, sulle tecnologie, praticamente su ogni versante del benessere del lavoro, andando oltre agli obblighi di legge. Un lusso ? No, un investimento serio nella produttività, nel “buon lavoro”. Attorno all’azienda, possiamo costruire un sistema integrato, che parte dagli enti bilaterali, che prevedono, nel quadro dei contratti collettivi nazionali di lavoro, un ulteriore contributo alla formazione sul lavoro, assieme a servizi e sostegni di solidarietà che toccano quasi ogni aspetto della vita del lavoratore; prosegue con la contrattazione di secondo livello, e si conclude con i fondi interprofessionali. E’ questa la filosofia su sui siamo impegnati ogni giorno: costruire una cornice di servizi e opportunità per far crescere le aziende nel rispetto della loro risorsa più importante, il capitale umano, specialmente mettendo in condizione le aziende piccole e piccolissime, che non possono fare tutto da sole, di attingere con facilità e utilità a risorse esterne. La filosofia del “buon lavoro” deve senz’altro prevalere su quella del lavoro che costa poco: la competitività non può fondarsi sulla semplice compressione dei salari, una tentazione comprensibile da quando, con l’euro, abbiamo perso il vantaggio competitivo della lira leggera. Ma non possiamo pensare il nostro sistema produttivo, il Made in Italy, in termini di prodotti a basso costo di produzione. Codesto è un passato che non può tornare. Il prodotto italiano, l’azienda italiana, hanno il loro futuro nell’alta qualità, che non vuol dire soltanto il lusso dei grandi stilisti, ma, come ricordiamo sempre, i prodotti agricoli genuini a denominazione di origine, l’artigianato, il turismo. Tutto quanto, insomma, legato senza equivoci al nostro territorio, non suscettibile di imitazione, oppure, se l’imitazione viene tentata, si potrà sconfiggere con l’informazione al consumatore, mettendolo in grado di distinguere e scegliere. Tutto questo impone una scelta sempre più convinta per la qualità del prodotto, come scelta competitiva e vincente, ed ecco che tutto si tiene, buon clima in azienda, liberato da eccessive conflittualità e agevolato da uno spirito di collaborazione bilaterale, salute e sicurezza del lavoro, bontà e quindi appetibilità del prodotto. Quest’approccio, noi crediamo, deve essere attuato anche nelle sfide future: penso, soprattutto, oggi, a quella della ricostruzione nelle regioni colpite dal terremoto. Si tratta di una ricostruzione che non potrà che rispettare le tradizioni, quindi condotta con i materiali, i colori, le dimensioni tipiche del paesaggio umbro e marchigiano, così armonico e a misura d’uomo. Questa sensibilità estetica e artistica dovrà accompagnarsi all’impiego delle nuove tecnologie, in maniera da mettere in sicurezza per il futuro quanto si è rivelato oggi troppo vulnerabile. Cultura e tradizione da un lato, tecnologia dall’altro: non si potrà fare, senza coltivare quadri e tecnici formati e competenti, senza avere sul campo aziende e lavoratori che sappiano scegliere, operare per il meglio, con tutte i migliori strumenti.