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Quanti interrogativi con l’Internet Governance Forum

C’è un importante evento che si apre oggi in Calabria: è l’Internet Governance Forum (IGF) Italia 2021, la piattaforma di dibattito globale nata per indirizzare le policy di internet sia nel pubblico sia nel privato. Tre giorni, a Cosenza, per affrontare temi cruciali per il nostro futuro, legati all’evoluzione delle nuove tecnologie e riassunti nella presentazione e nel programma della manifestazione: quali trasformazioni apporteranno il lavoro da remoto, l’applicazione dell’intelligenza artificiale all’e-commerce, la revisione legale delle imprese? A che punto siamo con la banda ultralarga? Come migliorare l’inclusione e ridurre il digital divide? Qual è, oggi, il rapporto tra i giovani e il digitale? Sul tappeto, ovviamente, anche il problema della disinformazione online.

Composta da governi, organizzazioni internazionali, industria, società civile, comunità tecnico-scientifica, la piattaforma multi-stakeholder è stata istituita nel 2006 dal Segretario generale dell’Onu e si fonda sui principi di trasparenza, apertura, inclusività, partecipazione egualitaria e dal basso (bottom-up). Negli anni è diventata un punto di riferimento importante per la discussione globale sui temi della governance di internet.

Tra gli interventi previsti, quello di Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione (10 novembre), che farà il punto della situazione sullo stato della digitalizzazione nel comparto pubblico, fino alle conclusioni da parte di Mara Carfagna, ministro per il Sud e la coesione territoriale. Non mancheranno spazi di discussione sul ruolo della nuova Agenzia per la cybersicurezza, sul rapporto tra digitalizzazione e Mezzogiorno, sulla cybersicurezza.

Nel presentare la manifestazione calabrese, l’ex ministro per l’Innovazione e la Digitalizzazione, Paola Pisano, sul Corriere della sera di oggi, con meritoria sensibilità, oltre ad evidenziare da un lato le potenzialità infinite di internet, strumento che ci permette di condividere pensieri e idee con oltre quattro miliardi di persone, nel contempo denuncia giustamente l’altra faccia della medaglia, cioè come la nostra “democrazia on-line” sia stata negli anni “congegnata da piattaforme capaci di ordinare dialoghi, immagini, espressioni e azioni secondo uno standard ben preciso, non certo conforme ai principi di inclusività, uguaglianza, onestà o veridicità”. In sostanza tutta la Rete si muove sull’esigenza della massima viralità, elemento alla base della strategia di marketing globale e soprattutto dell’enorme profitto digitale. Pertanto è giusto parlare delle potenzialità del mezzo, specie in termini commerciali, ma non si possono sottacere i preoccupanti fenomeni emergenti.

Con tali logiche di marketing virale, infatti, si stanno “coltivando” nuove generazioni completamente dipendenti dai “valori” (o “disvalori”) alla base di certi strumenti digitali, con accertato aumento della rabbia e della violenza, con l’impoverimento del linguaggio, soprattutto con l’accrescimento dei tassi di ansia e depressione principalmente nelle adolescenti che utilizzano Instagram.

Di fondo resta una realtà inconfutabile: le regole del gioco sono in mano alle multinazionali del digitale, che hanno acquisito poteri più forti della politica. Anzi, i governi sono spesso scavalcati dalle regole fluide del cyberspazio, rispondenti quasi sempre alle sole logiche del profitto e non del bene comune.

La tanto dibattuta transizione digitale deve tener conto innanzitutto di questo: non può costituire un semplice passaggio tecnico, ma farsi carico di una questione etica, politica, umana. Che ormai investe tutti.

(Domenico Mamone)

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