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La forte diserzione delle urne da parte della maggior parte dell’elettorato, con la partecipazione al voto al di sotto del 50 per cento in molte città, Roma (48,8) e Milano (47,6) in primis; la mancanza di una forza politica capace di raccogliere voti di opposizione anti-establishment come è stato cinque anni fa per il Movimento Cinque Stelle o, anni prima, per la Lega; l’influenza del governo Draghi che ha rafforzato un senso di inutilità del voto in molti italiani, specie nelle periferie delle grandi città; la fase pandemica che ha finito per premiare le forze più strutturate e “rassicuranti”, da cui la ripresa del centrosinistra unito e la difficoltà dell’asse Meloni-Salvini più frammentato; il fallimento delle candidature civiche nel centrodestra, a cui si è arrivati tra l’altro in ritardo. Sono soltanto alcuni elementi di riflessione conseguenti al voto amministrativo.
Andando più nel dettaglio, una partecipazione così bassa denota comunque un deficit di democrazia e rende manifesto un problema di classe dirigente, nelle candidature, in grado di entusiasmare e calamitare l’elettorato. Il centrodestra, in particolare, esce distrutto dalle urne a Milano, un tempo sua roccaforte, dove oggi riesce a raccogliere solo un terzo degli elettori. Le sconfitte più brucianti sono della Lega, che paga – oltre ad una parabola discendente da qualche mese, con la fine del primo governo Conte e, successivamente, con l’ingresso nel governo Draghi – anche la vicenda di Morisi che ha infiammato la vigilia della prova elettorale. Fratelli d’Italia, viceversa, intercetta in buona parte i voti che fuoriescono dal Carroccio, in linea con le previsioni.
Il Partito democratico, che nelle ultime tornate elettorali era in caduta libera, recupera consensi nelle grandi città, ottenendo ottimi risultati a Milano, Bologna, Napoli e nel collegio di Siena, ma anche in quello di Roma Primavalle, dove si eleggeva un parlamentare. Il segretario Enrico Letta l’ha definita “una giornata straordinaria e bellissima”, individuando nell’unità interna del Pd, nell’unità di tutto il centrosinistra, nell’allargare la coalizione oltre il simbolo del Pd i segreti del successo.
Roma, il test più atteso, in fondo ha detto poco, confermando tutte le previsioni. Se il candidato del centrodestra Michetti è stato il più votato, al ballottaggio difficilmente avrà bacini dove pescare nuovi voti, se non dall’astensionismo; gli elettori di Raggi e Calenda, pur non appartenendo a forze politiche strutturate, tendenzialmente potranno favorire Gualtieri, se però si recheranno a votare. Una nota merita la vicenda Raggi: la sindaca, pur ottenendo una discreta affermazione personale e un risultato migliore di quello raccolto dal suo partito in altre città, tuttavia in cinque anni ha dilapidato un notevole patrimonio di voti, non riuscendo a bissare il mandato, sul modello di Dario Nardella a Firenze o dello stesso Giuseppe Sala a Milano, ma anche del predecessore Walter Veltroni.
Infine la Calabria, l’unica terra che ha offerto soddisfazioni al centrodestra con la netta affermazione di Roberto Occhiuto, 52enne, cosentino, in politica da sempre: ma anche questo, in fondo, rientra nelle previsioni della vigilia.