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L’immigrazione non è solo la nave Aquarius

Domenico Mamone

Non si può liquidare un fenomeno universale qual è – da millenni (e più) – quello delle migrazioni attraverso slogan acchiappavoti da campagna elettorale permanente, proclami bellici sui social, asserzioni con il metro in mano su presunte acque territoriali (gli arringapopolo sanno cosa sono le aree Sar, quelle che caratterizzano la ricerca e il soccorso?), ma nemmeno con una pelosa pietà che nasce da ambienti in cui i Vangeli sono da tempo impolverati.

La decisione della Spagna di accogliere l’Aquarius, la nave con oltre 600 migranti che ora attraccherà a Valencia dopo la “garbata” alzata di voce del nostro ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini non risolverà certo il complesso fenomeno migratorio.

Il punto è che l’accoglienza e l’integrazione, passaggi imprescindibili, possono essere gestite bene, con la buona politica (la vera latitante) o decisamente male, con gli interessi di bottega (emblematica la celebre frase di Buzzi sugli immigrati che “fanno fare molti più soldi della droga”). Le distorsioni, tante e percettibili più dei numeri, gli scaricabarile, le debolezze delle politica sono proprio quelle che fanno il gioco dei populismi, creando quel loro crescente blocco sociale di riferimento.

Il vero nodo è che della questione immigrazione si sono appannate le ragioni storiche (l’ineluttabilità delle migrazioni), quelle sociali ed economiche (il classico “aiutiamoli in casa loro” in realtà è una sorta di prevenzione del “problema”), quelle etiche, persino quelle umane della solidarietà laica e religiosa. In una società di mercato gli interessi individuali e collettivi dominano tutte le altre ragioni.

Ecco allora che certi “mercanteggiamenti” del passato (“Renzi ha barattato i soccorsi in cambio della flessibilità sui conti – ricorda l’ex ministro degli Esteri Emma Bonino) aprono vaste praterie alle azioni del Salvini-pensiero su cui si allinea il diffuso sentire di sempre più italiani.

Se la posizione di Viktor Orban sul tema è scontata, o quella del premier austriaco Sebastian Kurz o del nazionalista fiammingo Theo Francken, il quale con ammirazione ricorda che Salvini “fa quello che ha promesso in campagna elettorale”, pesa di più il silenzio del governo francese sulla richiesta da parte di organizzazioni umanitarie di accogliere la nave.

E l’Europa? Al di là delle prediche di qualche commissario, resta il recente fallimento del Consiglio dei ministri degli Interni. Ora la questione dell’asilo e della riforma di Dublino sarà sul tavolo del prossimo vertice dei capi di Stato e di governo, il 28 e 29 giugno. Con la Commissione che ha gettato nel cestino la proposta delle quote di rifugiati da redistribuire tra i membri. Se il buongiorno si vede dal mattino…

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