“L’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione”, profetizzava anni fa Ennio Flaiano. Il fatto che in questa campagna elettorale, dopo la lunga parentesi di Spelacchio, assurga a baricentro ideologico la figura dell’inossidabile Orietta Berti la dice lunga su come le spettacolarizzazioni dei temi (e ciò che un tempo si chiamava “la distrazione delle masse”) la facciano da padrone.
Se in questi nostri editoriali l’attenzione maggiore dovrebbe andare alla Politica e all’Economia (quelle con la lettera maiuscola) – e all’attualità in genere – sono proprio questi settori ad offrirci materiali di quarta serie, che non possiamo certo trascurare.
Non è soltanto una questione di temi. E’ soprattutto un problema di spessore dei protagonisti. Gli statisti in politica sono ormai cosa rara. Così, anche una semplice Orietta Berti, tra l’altro con una carriera professionale – e quasi 20 milioni di dischi venduti – che offusca un bel po’ di protagonisti dell’attuale mondo dello spettacolo, diventa improvvisamente un’eroina dei diritti costituzionali, nonché martire della libera espressione di voto. Aver affermato in radio di votare il Movimento cinque stelle, infatti, le è costato una sorta di esposto da un parlamentare “democratico”, che nel curriculum ha il ruolo di ex tesoriere di Rifondazione comunista e di primo firmatario della legge sullo sblocco del finanziamento pubblico ai partiti, senza che sui loro bilanci possano essere effettuati controlli dall’apposita commissione parlamentare (grazie a questa “perla” del 2015 ben 45 milioni di euro sono finiti subito nelle casse delle formazioni politiche, con il diritto alla cassa integrazione straordinaria per i dipendenti di partiti politici).
Insomma, l’azione del politico siciliano – che è responsabile dell’area Innovazione del Pd (a quando l’area Comunicazione?) è diventata un capolavoro di masochismo elettorale. Persino Di Maio ora si fa riprendere in auto mentre ascolta “Finché la barca va”, ribattezzata dai grillini “Finché la banca va”. Perché la Berti, “l’usignolo di Cavrago”, “La capinera dell’Emilia” come l’appellava Silvio Gigli, gode sicuramente di più ammirazione e apprezzamento di quella mediamente riposta nella classe politica dagli italiani. Ed ora, ironia della sorta, gli avversari sono riusciti a farla diventare un efficace cavallo di battaglia.
Del resto l’autoironia dell’Usignolo emiliano fece scuola nel film “I nuovi mostri” di Ettore Scola del 1977, quando interpretò sé stessa (una cantante, benché con nome diverso) nell’episodio “L’uccellino della Val Padana” a fianco di uno straordinario Ugo Tognazzi. Non a caso Fabio Fazio ne ha fatto una sorta di icona per le sue trasmissioni, grazie alla simpatia e all’indubbia spontaneità, assicurandole redivivi picchi di celebrità – la Berti/Galimberti (vero cognome) ha quasi 75 anni – anche in questo nuovo millennio.
Del resto non è chiaro perché Iva Zanicchi o Elisabetta Gardini possano fare le europarlamentari di Forza Italia, Jovanotti andare alla Leopolda a supporto di Renzi, Lando Buzzanca non nascondere la sua incrollabile fede di destra e Orietta Berti diventi una sorta di sovversiva solo per stringere l’occhietto a Beppe Grillo, come del resto hanno fatto molti altri artisti. Ci dovremmo ora aspettare simili polemiche per le intenzioni di voto di Gianni Nazzaro o di Franco Simone?
(Domenico Mamone)
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
