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Londra, la risposta sono i valori democratici

Presidente25Qualche riflessione a poche ore dall’ennesimo attentato di matrice terroristica in Europa. Lo scenario di odio e di sangue si ripropone nel cuore di Londra, culla della democrazia moderna, la città più multiculturale del vecchio continente con 300 lingue parlate nelle sue strade, un residente su cinque di origine asiatica, almeno 250mila italiani, per lo più giovani, e un sindaco musulmano. Uno straordinario modello di civiltà e di integrazione che si contrappone alla logica violenta di minoranze, spesso di singoli soggetti disadattati, che mirano ad estendere anche alle nostre latitudini anacronistici oscurantismi.

Il terrorismo torna, dunque, ad impossessarsi delle cronache internazionali e a rinnovare la semina di estese paure a distanza di pochi mesi dai camion lanciati sulla Breitscheidplatz di Berlino nel periodo natalizio – allora i morti furono dodici – o sul lungomare della Promenade del Anglais a Nizza, che costò la vita ad oltre settanta persone. Esattamente un anno fa la raffica di attentati a Bruxelles provocò 31 morti e oltre trecento feriti. Ed è ancora vivissimo il ricordo delle 130 vittime di Parigi del 13 novembre 2015 – novanta solo nella sala concerti del Bataclan – o del raid nel giornale satirico Charlie Hebdo.

Un conteggio drammaticamente aggiornato e accresciuto, che conferma come la minaccia fanatica resti una costante anche per il mondo occidentale, al di là degli sviluppi dei conflitti nelle zone calde del terrorismo islamico, tra Medio Oriente e Nord Africa. Pur nella complessità del fenomeno, secondo noi è indispensabile tuttavia ribadire che gli estremismi non trovano spazio quando in una società ci sia piena coscienza dell’importanza dei valori democratici, dalla sovranità popolare alla garanzia dei diritti e delle libertà, dalla giustizia sociale alla parità di genere fino alla lotta contro le disuguaglianze. Il milione di cittadini francesi che, sfidando il clima di terrore, scese in strada a difendere innanzitutto la propria storia e la propria identità resta un modello di risposta per tutto il mondo occidentale.

Non dobbiamo, però, dimenticare – e ce lo ricorda il “Global terrorism index” pubblicato dall’Institute for economics and peace – che le “nostre” vittime del terrorismo, cioè quelle del mondo occidentale, costituiscono meno del tre per cento di quelle globali. Se l’attenzione mediatica è massima per gli attentati nel “nostro mondo” tra Europa, Nord Africa e Stati Uniti, meno risalto hanno le stragi quotidianamente firmate da organizzazioni come Boko Haram, Isis, al-Shabaab o al-Qaeda, fino ai talebani: dal Medioriente all’Africa e all’Asia, da Siria, Iraq e Afghanistan fino alla Somalia, alla Nigeria e al Pakistan annualmente sono oltre 30mila i morti solo per attentati terroristici. Il contesto conflittuale investe, quindi, principalmente il mondo arabo e islamico, ad esempio evidenziando lo scontro tra sciiti e sanniti, ma anche quello interno alle diverse anime dell’arcipelago sunnita. E guai a generalizzare: la stragrande maggioranza dei cittadini di fede musulmana condanna l’estremismo e non vi si riconosce.

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