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Il Prodotto interno lordo italiano torna a crescere

Dopo il dato negativo dell’anno scorso, il Prodotto interno lordo italiano tornerà a crescere. Secondo l’OCSE (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico basata a Parigi che rimane la più autorevole fonte di dati economici), l’Italia crescerà dello 0,8% nel 2015 e del 1,6% nel 2016. Le fonti nazionali, Istat e Governo, stavano maneggiando dati simili, quindi quella dell’OCSE è una conferma attesa e rassicurante. Per capire l’importanza, si ricordi che la crisi del 2008 fece retrocedere la ricchezza prodotta dal Paese del 6,3% in meno nel 2009, e anni pessimi sono stati anche il 2012, 2013 e 2014. E’ discutibile se le famose politiche di austerità del governo Monti siano state la medicina migliore, di fatto il rapporto tra deficit e Pil, parametro fondamentale per i criteri europei, che con Berlusconi pareva sfuggito di controllo intorno al 5%, è sceso sotto il 3% nel 2013, ma non così altri parametri (il rapporto tra debito e PIL è ancora salito, fino 136%), soprattutto con alti costi sociali, simbolizzati dal raddoppio della disoccupazione (quasi al 7% nel 2008, quasi al 14% nel 2014). Occorre riconoscere che il mantenimento del rapporto deficti/PIL entro i limiti ha permesso oggi a Roma di trattare con Bruxelles, ma la questione di fondo rimane che una grande nazione industriale non vive di risparmi sulla spesa ma di crescita. E per ragioni diverse e complesse la crescita italiana è da lungo tempo assai modesta, circa 1,6% rispetto a una media europea del 2,5%. L’impegno dell’attuale governo Renzi è di far ripartire occupazione e crescita, e questo appare corretto, nel senso che finalmente si sono ristabilite le priorità, anche considerando gli aspetti psicologici e morali dell’economia, cioè l’opportunità di incoraggiare le persone a produrre anche con iniezioni di ottimismo, invece che deprimerle con promesse di tagli alle spese che hanno comunque ripercussioni sulla ricchezza circolante e di tagli agli sprechi sacrosanti quanto non direttamente misurabili nelle loro ripercussioni dirette sul benessere. Di fatto, una caduta del tasso di disoccupazione è la vera buona notizia: stiamo andando al 11%, ancora molto, c’è finalmente il calo, e bisogna anche considerare che un certo numero di persone senza lavoro è tornata a cercarlo, che è un bene, ma inevitabilmente correggendo in negativo il miglioramento. Il rapporto dell’OCSE parla ovviamente di tutto il mondo. E le cose quindi sono per forza complicate.  L’OCSE non è ottimista sulla crescita globale, che in molti continenti, per esempio America Latina e Asia, era andata bene anche negli anni di crisi, che è stata soprattutto una crisi europea. Ora che l’Europa ha visto passare il peggio, certi cicli positivi vanno esaurendosi altrove, e, nel complesso, la crescita globale ci sarà, ma senza scintille. Quella mondiale scenderebbe sotto il 3%, e quella europea sotto il 2%, perché il commercio globale che ormai così importante che nessun continente è indipendente dagli altri.

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