L’agricoltura ha sancito l’inizio dell’evoluzione umana e ci ha accompagnato nel corso della storia e l’uomo a sua volta si è adoperato affinchè si evolvessero le tecniche che garantissero una maggiore produzione. A tratti la situazione è degenerata tant’è che i frutti della terra talvolta sono tutt’altro che naturali, e proprio da questo nascono le attuali diatribe: c’è chi propugna il ritorno alle origini con il bio, e chi invece per “amor di mondo” favoreggia l’ogm come se fosse la soluzione alla fame nel mondo. Sono diverse le tecniche dei “naturalisti” che sostengono che il segreto è far fare alla natura, tra queste è interessante l’agricoltura evolutiva, un filone di ricerca e pratica agricola vicino alla permacultura sviluppatasi in Italia attorno alle ricerche di alcuni naturalisti e genetisti, fra cui Salvatore Ceccarelli e Angelo Passalacqua. La “tecnica” è semplice e consiste nel partire da un seme o una pianta e piantare, dopodiché si osserva quello che succede cercando di fornire il minor intervento possibile dall’esterno. Se la pianta si ammala non si interviene, si annaffia poco o per niente, e così via. In questo caso è come fare un vaccino ovvero si lascia che i semi o le piante, evolvendosi si adattino al terreno e alle condizioni climatiche e idriche: così facendo si andranno selezionando naturalmente le piante e i semi più resistenti e adatti a quel determinato tipo di terreno. La malattia delle piante è un aspetto fondamentale in quanto riseminando solamente i semi dalle piante che sono guarite si vanno selezionando sementa che hanno sviluppato gli anticorpi contro certi parassiti e quindi non si riammaleranno l’anno successivo (cosa che invece avviene puntualmente nell’agricoltura tradizionale, visto che si mira a salvare tutte le piante, annullando così il processo evolutivo). Trattandosi di un’agricoltura ecosistemica, che prende molto dalle ricerche di Fukuoka e dalla permacultura, le piante si trovano mischiate in ordine sparso, seguendo le linee del terreno e le differenze di livelli create dalle radici piuttosto che le file ordinate e tutte delle stesse tipologie. Il risultato di questo insieme di tecniche è che, selezionando le piante e i semi giusti si può coltivare anche d’estate senza irrigare con risultati che superano addirittura l’agricoltura tradizionale in termini di resa, senza bisogno di serre, concimi e quant’altro. Una tecnica decisamente antitetica rispetto a quella ogm che invece persegue la battaglia per portarli oltre che sulle nostre tavole anche nelle nostre terre. Ebbene si, perché il paradosso è che nonostante i divieti di produzione non è altresì vietata la compravendita di suddetti prodotti. A dare un tono probabilmente più etico (per quanto possibile) è nato il lato bionico dell’agricoltura evolutiva, il Crispr: un metodo di manipolazione genetica che modifica il codice genetico di un essere vivente, sottraendo o aggiungendo geni con una precisione mai avuta fino ad oggi. Grazie a Crispr sarà possibile avere piante più resistenti agli stress idrici, più produttive, tolleranti agli attacchi di microrganismi e parassiti. Il tutto con una velocità e precisione mai viste prima. E per di più non saranno Ogm transgenici, visto che nessun gene viene prelevato da un organismo di una specie per essere impiantato nel Dna di un’altra.
Se in Europa la maggioranza della popolazione è contraria agli Ogm, negli Stati Uniti la percezione pubblica è diversa, ma sta mutando rapidamente e in molti ora chiedono maggiori vincoli e trasparenza. Ma gli organismi modificati con Crispr sembra non ricadranno sotto la legislazione degli Ogm, almeno negli Usa, anche in Canada è stato commercializzato senza regolamento Ogm un fungo champignon modificato con la tecnica Crispr e un gruppo di ricercatori svedesi ha cucinato (e mangiato) il primo piatto di pasta condita con cavoli modificati. Si stringe sempre di più dunque il legame tra genetica ed etica. Se alcuni plaudono alla decisione del Broad institute di imporre questi vincoli a Monsanto, altri ritengono invece che la scienza dovrebbe essere lasciata libera di ricercare e sperimentare: ebbene si perché Crispr è in grado di far fare un balzo in avanti al miglioramento genetico vegetale, ma che potrebbe mettere la parola fine a tante malattie umane, specialmente quelle neurodegenerative, come l’Alzheimer. In America sono diverse le tecniche utilizzate che lasciano alla natura il naturale corso e che, nonostante siano tecniche tramandate a molti, e soprattutto in Italia sembrano ormai sconosciute. Tra queste figura la semina diretta che non solo tutela il consumatore ma anche l’ambiente tramite la promozione della coltivazione cerealicola senza aratura; è una tecnica di agricoltura conservativa che consiste nel non lavorare il terreno, preservando così la sostanza organica e l’ecosistema presente negli strati superficiali del suolo e riducendo sensibilmente le emissioni di CO2. Tutti benefici acclarati, tanto che nel mondo sono circa 130 milioni gli ettari coltivati con questa tecnica: più o meno il 9% della superficie agricola utilizzata. Sarà forse un retaggio o probabilmente una cosa giusta, dato che l’evoluzione umana ha comportato inevitabilmente il collasso delle certezze globali ed i suo equilibri, ma in molti non riescono ancora ad accettare di mangiare ciò che non è naturale ed è invece nato o passato dal laboratorio. Eppure finora abbiamo modificato, tradizionalmente, i genomi delle specie, di tutte, tutte, proprio tutte, e nessuno si è mai spaventato, né ha chiesto controlli probabilmente perché ci si fida di più della buona fede degli agricoltori piuttosto che nell’ambivalenza degli scienziati.