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A pagare un prezzo al virus è anche la politica

In questa difficilissima fase per il nostro Paese e per l’Europa tutta, accentuata dalle strumentalizzazioni della stupida violenza organizzata nelle nostre città e del terrorismo in Francia (grave che l’attentatore di Nizza da Bari raggiunga indisturbato il territorio francese), tra le tante vittime della situazione c’è anche la politica. Appare confusa, litigiosa, retorica, inconcludente. Principalmente poco risolutiva. C’è addirittura chi indica nell’autoritarismo asiatico più pragmatismo e velocità di soluzioni rispetto ai nostri continui incontri-scontri tra governo e “soliti noti”, cioè scienziati, sindacati, principali organizzazioni di rappresentanza, protezione civile, comitati vari.

Se nella prima ondata un Paese smarrito ha accettato di buon grado i doverosi sacrifici – di fatto la soluzione più naturale ed efficace – per salvare decine di migliaia di vite umane, vedendo nel presidente del Consiglio una sorta di “guida spirituale” per uscire dal guado, questa seconda ondata – per certi versi peggiore della prima – sta mettendo in luce la solita disorganizzazione all’italiana, con gravi ritardi, mancanze di personale e di apparati, servizi che non funzionano. Conto pagato non solo ad un’estate da “tana libera tutti”, ma anche ad un inizio di autunno troppo “normalizzatore”, tra incosciente riapertura delle scuole superiori in presenza (su queste colonne, facili profeti, avevamo proposto di farle partire a novembre in Dad, almeno le superiori, e di recuperare le settimane a giugno 2021), annullamento dello smart working per troppi dipendenti pubblici e privati tornati in massa in circolazione, mancato rinvio in primavera delle elezioni regionali e comunali di settembre, riapertura di troppe attività sportive. Forse sarebbe bastato intervenire con questi provvedimenti indolori per l’economia per non ritrovarci oggi con numeri di contagi quotidiani a cinque cifre.

Non sono soltanto sanitarie le amare conseguenze di tutte queste “non scelte”, unite ai mancati investimenti su settori strategici (più terapie intensive e personale negli ospedali, meno banchetti e mascherine nelle scuole). La politica sta mostrando il proprio fallimento: emblematico il fatto che un senatore di primo piano del Pd, Marcucci, nel suo intervento al Senato chieda un cambio di ministri al proprio governo. O che Italia Viva rinnovi l’antica arte dei “due forni”. O che i Cinque Stelle continuino ad imporre diktat ideologici. 

Ma se l’esecutivo dell’Azzolina anti-Dad (con la scuola nel caos) e delle De Micheli che rassicura sui mezzi pubblici (pieni all’inverosimile) è nel pallone, il centrodestra non riesce a costruire una propria agenda alternativa, seminando smarrimento anche nel suo elettorato. Matteo Salvini, che cavalcando il tema dell’immigrazione ha oltrepassato un terzo di tutti i voti alle Europee, è stato completamente spiazzato dall’emergenza sanitaria, passando da posizioni “minimaliste” (i selfie senza mascherina), a polemiche con i suoi governatori (come quella sul coprifuoco con Attilio Fontana), ad atteggiamenti ondivaghi sul lockdown. Mancano soprattutto proposte concrete e attuabili in un contesto di emergenza, scevre dalla retorica.

La Meloni, da parte sua, con Forza Italia al rimorchio, sembra ormai la riesumazione del corporativismo h24. S’erge paladina delle categorie lavorative, dai ristoratori ai baristi, dai gestori delle palestre fino a persino quel mondo del cinema e del teatro che politicamente non è certo sulle stesse posizioni della leader di Fratelli d’Italia. Ma tenere tutto aperto non può certo concorrere a ridurre il numero ormai fuori controllo dei contagi, benché alzato dai crescenti tamponi (a preoccupare, infatti, sono i numeri dei ricoveri, delle terapie intensive e dei decessi). E tenere aperto in una situazione di straordinaria emergenza non apporta benefici economici al commercio, azzoppato anche dalla riduzione dei consumi e dalla vertiginosa crescita del risparmio registrata in questi ultimi mesi.

L’opzione del lockdown sarà la spada di Damocle delle prossime settimane, che vedranno i numeri del virus ancora in aumento, con la flebile speranza che perlomeno la crescita sia sempre meno esponenziale grazie agli ultimi Dpcm. Preoccupa soprattutto la tenuta dell’organizzazione sanitaria. Del resto se Francia e Germania hanno già optato per la drastica “soluzione finale”, il tabù in Europa sembra superato. Ma per la fragile Italia sarebbe l’ennesima mazzata alla nostra economia, conseguenza di formiche trasformatesi troppo presto – come è successo spesso nella nostra storia – in spensierate cicale. 

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