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Cnel-Istat: cresce l’occupazione ma la vera sfida rimangono le donne

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Occupazione in crescita ma quella femminile rimane ancora una sfida aperta. Nel secondo Bollettino Cnel sul mercato del lavoro, nato dalla collaborazione tra il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e l’Istat con l’obiettivo di migliorare la diffusione delle statistiche pubbliche, vengono analizzati i dati del primo trimestre del 2025 e le transizioni lavoro/non lavoro delle persone occupate, in cerca di lavoro e inattive, nell’arco degli ultimi dodici mesi.

Nel primo trimestre del 2025, il mercato del lavoro italiano continua a dare segnali positivi. Gli occupati tra i 15 e i 64 anni sono cresciuti di oltre 400 mila unità rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 24,1 milioni, con un tasso di occupazione salito al 62,5%. L’incremento ha coinvolto entrambi i sessi, risultando però più accentuato tra le donne. Anche tra i cittadini stranieri si osserva un aumento dell’occupazione, in particolare tra gli uomini.

Il tasso di disoccupazione (15-74 anni) è sceso al 6,8%, registrando un calo di 0,9 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2024. Il miglioramento è stato significativo soprattutto per le donne, e ancora di più per le straniere, il cui tasso di disoccupazione è diminuito del 3,1%. Anche il numero degli inattivi si è ridotto, con una flessione di circa 95mila unità.

A livello territoriale, il Mezzogiorno ha mostrato i miglioramenti più marcati: l’occupazione è aumentata di 1,3 punti percentuali e la disoccupazione è scesa di 1,5 punti, con una lieve diminuzione anche dell’inattività.

Si rafforza inoltre l’occupazione stabile: la crescita degli occupati è dovuta principalmente all’aumento dei contratti a tempo indeterminato (+4,7% per gli uomini e +3,2% per le donne), mentre calano quelli a termine. Questo suggerisce un progressivo superamento delle forme di lavoro precario. Gli autonomi restano sostanzialmente stabili, con una leggera flessione tra gli uomini e un piccolo aumento tra le donne.

Infine, i dati raccolti sugli stessi individui a distanza di 12 mesi mostrano una maggiore stabilità occupazionale. La quota di lavoratori che mantiene il proprio posto di lavoro da un anno all’altro è in aumento, toccando il 96,8% per gli uomini e il 95,6% per le donne. Diminuiscono i passaggi dall’occupazione alla disoccupazione o all’inattività, segno di un mercato del lavoro più solido e di un sistema produttivo più capace di trattenere la forza lavoro, riducendo il turnover negativo.

Le transizioni dal lavoro a tempo determinato a quello a tempo indeterminato sono positive, ma ancora limitate: coinvolgono il 14% delle donne e il 16,3% degli uomini. Ancora più rari sono i passaggi verso il lavoro autonomo. È allarmante rilevare che l’11-12% dei lavoratori a termine, indipendentemente dal genere, abbandona completamente il mercato del lavoro.

Tra le persone in cerca di occupazione, solo il 19,2% degli uomini e il 16,1% delle donne riesce a trovare lavoro entro un anno. Questo dato evidenzia un elevato rischio di esclusione sociale per chi non riesce a reinserirsi nel breve periodo, con un impatto particolarmente grave sulle donne: il 55% delle disoccupate rinuncia infatti a cercare lavoro.

Infine, si registra una notevole persistenza nella condizione di inattività: circa il 90% delle donne e l’85% degli uomini inattivi rimangono tali per almeno un anno. Il mercato del lavoro fatica dunque a reintegrare chi ne è uscito o non vi ha mai fatto ingresso.

“I dati del Bollettino Cnel sul mercato del lavoro, realizzato in collaborazione con Istat – ha dichiarato il presidente del Cnel Renato Brunetta – confermano un quadro complessivo che continua a migliorare. Crescono gli occupati, che ormai superano i 24 milioni. Si riduce la disoccupazione. Si rafforzano le transizioni verso il lavoro stabile. I principali indicatori del mercato del lavoro mostrano, dunque, più luci che ombre. Uno dei principali nodi da affrontare è sul fronte del segmento femminile. La quota di donne che non lavorano, soprattutto nel Mezzogiorno, è ancora troppo alta. Ed è questo uno dei principali fattori dello scarto negativo, pari a circa 3 milioni di occupati, tra il nostro Paese e gli Stati del Nord Europa. Ecco la vera sfida. Recuperare quello scarto, puntando in primo luogo sull’occupazione femminile”.

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